CALCIO/ Abete: è improprio parlare di esonero. Donadoni ha fallito
Abete: «Non devo procedere all’esonero, perché la Figc ha la facoltà di fare le proprie valutazioni entro 10 giorni dalla fine degli Europei per l’Italia e trovare le soluzioni che ritiene opportune. In caso di mancata volontà esplicita il contratto non è rinnovato, è estinto».
Ha parlato per oltre venti minuti Giancarlo Abete, mentre il Consiglio nazionale del Coni era alle ultime battute. Una lunghissima dichiarazione, senza annunciare formalmente la separazione da Roberto Donadoni.
Il “giallo” del contratto – «La nostra proposta contrattuale – ha sottolineato Abete – non veniva ritenuta idonea da Donadoni. Così siamo arrivati nell’imminenza degli Europei, quando in conferenza stampa abbiamo annunciato il rinnovo con una doppia clausola di rescissione. Che prevedeva 900 mila euro lordi di penale. Nella stessa conferenza, Donadoni disse subito che non c’era alcun bisogno di una clausola di rescissione e di nessuna penale. Pochi giorni dopo è tornato a Roma, ci siamo incontrati e mi ha chiesto di reinserire nel contratto un rinnovo automatico in caso di raggiungimento almeno della semifinale agli Europei, rinunciando alla clausola di rescissione. Ecco perché – ed è il punto che Abete ribadisce con maggiore fermezza – non esisteva nessun retropensiero, né logiche precostituite su altre soluzioni».
Nessun esonero – L’Italia è stata eliminata ai quarti, nei rigori contro la Spagna. Un risultato che dovrebbe condannare Donadoni all’addio, anche se formalmente non ci sarà alcun esonero. «Non devo procedere all’esonero – continua Abete – perché la Figc ha la facoltà di fare le proprie valutazioni entro 10 giorni dalla fine degli Europei per l’Italia e trovare le soluzioni che ritiene opportune. In caso di mancata volontà esplicita il contratto non è rinnovato, è estinto».
Nessun accordo sottobanco con Lippi – Abete ritiene di «Avere dato al tecnico il livello massimo di serenità e che le lungaggini relative al contratto erano dovute al “vincolo di prudenza” dovuto quando si guida un ente privato». Smentito qualsiasi accordo sottobanco con Marcello Lippi. «Quando sono arrivato in Federazione – ha raccontato il presidente della Figc – ho trovato un rapporto contrattuale con Donadoni che già prevedeva un riconoscimento per obiettivi, in particolare una gratificazione economica per il raggiungimento di semifinali o finali. Dunque Donadoni aveva già un vincolo legato ad aspettative, aspettative legittime. Noi abbiamo cercato di lavorare all’unisono per le qualificazioni, successivamente è emerso questo contratto e ho cercato di portare avanti una proposta della Federazione». Una proposta certamente non di fiducia assoluta.
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