Arrivano le partite determinanti della stagione e oltre ai piedi e al fiato conterà moltissimo la testa per raggiungere gli obiettivi inseguiti un anno intero. Ilsussidiario.net ha chiesto ad Alessandro Meluzzi, noto psichiatra e opinionista televisivo, come si gestisce lo stress e si affrontano le grandi sfide, dal Milan che deve rispondere agli attacchi delle inseguitrici, all’Inter chiamata all’impresa in Chalmpions League, fino al Napoli che sta letteralmente facendo impazzire una città.
Il Milan capolista ha molta pressione addosso: deve vincere e guardarsi le spalle. Come si gestisce questa pressione quando si è in pole position?
Sicuramente chi è davanti è obblicato a vincere sempre, che è la più stressante delle condizioni. Un po’ come succede ai leader politici o ai grandi manager, sono ruoli in cui nessuna situazione può essere affrontata con leggerezza.
La pressione è anche su chi insegue?
Inevitabilmente sì, soprattutto se chi insegue si ritiene candidato al sorpasso. E quindi lo stress si risolve nello scontro tra il leader e l’outsider, questo rimanda alla competizione nella sua condizione originaria: quella del duello, dell’attacco-fuga, del predatore-predato e di tutte quelle situazioni archetipiche di stress che spesso si risolvono in una condizione di scontro uno contro uno.
Quindi le situazioni “di gruppo” sono meno stressanti?
Certo, perchè tutte le situazioni corali sono meno stressanti: negli sport a due, come il tennis e il pugilato, i carichi di tensione sono ancora superiori
L’Inter, attesa dal match in Germania, compatta l’ambiente: quanto è importante il ruolo del gruppo?
Nel gruppo lo stress si distribuisce, quindi diminuisce. Ma si presenta il problema opposto: bisogna tenere la “temperatura” ad un livello elevato, perchè il rischio è quello che ogni elemento della squadra ritenga che il massimo dello sforzo debba toccare ad un altro.
E’ un rischio che vede?
Certo, se ne esce solo sapendo tenere motivato il gruppo.
A proposito, come si gestisce un gruppo chiamato ad un’impresa?
Lo si fa con delle dinamiche che i grandi allenatori conoscono benissimo: identificazione nella bandiera, armonia e di corresponsabilizzazione all’interno del gruppo.
Quanto incide su un gruppo la paura di non vincere, soprattutto dopo un anno in cui si è vinto tutto?
Incide perchè fa parte del pensiero magico-scaramantico di tutte le situazioni, ma bisogna saper fare i conti con anni di vacche grasse e anni di vacche magre.
Cosa servirebbe per aiutare ragazzi come Balotelli? Ci vorrebbe una persona adulta che gli stia vicino?
E’ fondamentale, l’allenatore o il trainer dovrebbero avere proprio questa funzione.
Una domanda sul Napoli e su una città capace di “risorgere” per stringersi attorno ad una squadra di calcio. Lo sport può davvero fare questo?
Lo sport lo ha fatto spesso e soprattutto a Napoli, e i tempi di Maradona sono l’esempio più lampante. E’ tipico di una città con molto cuore e molta fantasia, come è quella partenopea, l’identificazione nei “circenses”.