Per descrivere Serena Williams bisogna andare a ripescare nomi da leggenda. Quello di Margaret Smith Court per esempio: primatista per titoli dello Slam (ben 24), capace di vincere per 11 volte gli Australian Open e di portarsi a casa anche 19 vittorie nel doppio. L’International Tennis Hall of Fame scrive: “Non è mai esistita una tennista sua pari”. Nel 1970 vinse i quattro titoli Major, impresa riuscita solo ad altre due giocatrici. O, andando ancora più indietro, Suzanne Lenglen: nel 1921 perchè perdesse dovettero farla entrare in campo con la pertosse (naturalmente è una forzatura: gli organizzatori non lo sapevano), organizzando un torneo che non prevedeva teste di serie nel tabellone (erano gli US Open). Per il resto, aveva vinto tutto quello che si poteva vincere, compresi cinque volte i Campionati di Francia anche se quattro di questi successi non sono conteggiati perchè non si parlava ancora di Roland Garros. I vestitini succinti (per l’epoca) indossati dalla francese, cui oggi è dedicato il secondo campo dell’impianto in cui si giocano gli Open di Francia, fecero parlare: così come le “divise” colorate e le treccine dei primi anni di Serena (e Venus), e le mode di Helen Willis Moody che per prima eliminò le gonne lunghe e quei vestiti decisamente più adatti a una corte vittoriana che a un campo di tennis. Oppure potremmo paragonare Serena a Monica Seles: che a 19 anni di età aveva già vinto 9 titoli dello Slam e se non fosse stato per Gunther Parche avrebbe probabilmente dominato per i dieci anni seguenti, con buona pace di Steffi Graf. Già: forse, l’americana che sabato ha messo insieme il sedicesimo titolo dello Slam ha lo stesso “cannibalismo”, racchetta alla mano, della tedesca che da quando comparve sulla scena lasciò meno delle briciole alle avversarie, riuscendo anche a stabilire il record per la finale più corta della storia, i 34 minuti con doppio 6-0 rifilati a Natasa Zvereva al Roland Garros del 1988. L’anno del Golden Slam, qualcosa che alla Williams manca ancora e difficilmente realizzerà: i quattro Major e l’oro olimpico. Con la vittoria al Roland Garros 2013, Serena entra comunque nel ristretto gruppo di giocatrici che hanno vinto almeno due volte tutti gli Slam: è in buona compagnia, perchè con lei ci sono Graf, Smith Court, Chris Evert e Martina Navratilova. A proposito, le ultime due sono anche più vicine nella classifica dei Major vinti, con 18 ne hanno appena due in più e la sensazione, andando avanti di questo passo, è che entro la fine dell’anno saranno raggiunte. “Voglio ritirarmi al top, ma la domanda che mi faccio è: posso ancora vincere qualche Slam?”. Perchè il punto è questo: il punto, è che tutte le campionesse del passato hanno trovato, prima o poi, un’avversaria più forte sulla loro strada. E’ storia: Chris Evert incrociò Martina Navratilova e ne divenne grande amica fino a chiederle di essere sua testimone di nozze, ma sul campo cominciò a prendere batoste dalla mancina cecoslovacca, che poi conobbe la Graf e vide il suo regno crollare. La tedesca si trovò davanti la Seles e improvvisamente scoprì che c’era qualcuna che le dava regolarmente paga; e Martina Hingis, forse l’ultima vera campionessa al di là delle poche vittorie (era numero 1 al mondo a 16 anni e mezzo e compiuti e a nemmeno 18 aveva già 4 Slam) smise di alzare le braccia al cielo quando le si pararono di fronte le sorelle Williams. Ecco, Serena no. Vuoi per il fisico, vuoi per la determinazione d’acciaio, vuoi per la pochezza delle avversarie e qualche accadimento esterno (l’operazione alla spalla della Sharapova, che ha tolto alla russa un servizio da favola), la minore delle Williams non ha mai avuto un’avversaria che la battesse, o anche solo la mettesse in difficoltà. Certo:
Come la Lenglen, ha avuto problemi che ne hanno rallentato i successi. Solo due anni fa era ricoverata in ospedale senza sapere se avrebbe mai più giocato; la sensazione forte, tuttavia – e l’ha dimostrato anche sabato, scrollandosi di dosso Maria Sharapova quasi senza pensarci – è che l’unica avversaria di Serena Williams sia Serena Williams, e non è certo un modo di dire. Per questo ci spingiamo a dire che possa anche arrivare a prendere la divina Margaret in testa alla classifica degli Slam: gliene mancano otto, sembra follia e probabilmente è, ma se centellina gli impegni, rimane concentrata come in questi giorni a Parigi e dà sempre il massimo chissà che non possa fare il miracolo. Nelle prime 100 della classe non si vede a oggi una tennista in grado di minacciarne il regno, e quelle già note hanno già ampiamente dimostrato di poterla solo impensierire per un set. Certo: sul cemento Victoria Azarenka se la può giocare, sull’erba una Petra Kvitova al massimo la metterebbe in difficoltà, sulla terra magari già l’anno prossimo Serena non giocherà così. Però, Martina Navratilova ha vinto il suo ultimo Major, Wimbledon nel 1990, a quasi 34 anni: Serena ne compirà 32 a fine settembre. Insomma, i margini per entrare nella leggenda ci sono. “Sono diventata quella che sono guardando Venus”, ha detto dopo la finale. “Lei serviva così bene, mi sono detta che volevo farlo anch’io”. Ci è riuscita: sabato si è presa il titolo sparando tre ace a più di 190 l’ora nell’ultimo game. In più, ci ha messo altro. A fine mese inizia Wimbledon: il 17 è un numero jellato, ma Serena può battere anche la cabala.
(Claudio Franceschini)