Il modo migliore con il quale descrivere Wimbledon? Impossibile: si potrebbe partire dalla frase di Rudyard Kipling che campeggia sopra l’ingresso principale al campo centrale. Il fallimento e il successo, due “amici” molto stretti che spesso e volentieri viaggiano a braccetto, tanto che basta poco per scivolare da uno all’altro. Oppure, per raccontare il torneo londinese, basterebbe dire che è il più antico della storia: il primo si giocò nel 1877, con il solo singolare maschile (il femminile arrivò sette anni più tardi). O ancora: il cimitero dei campioni che per fortuna di molti oggi non esiste più; tutti i record che qui sono stati stabiliti, dalle sette vittorie di Renshaw (non in era Open), Sampras e Federer alle undici ore e passa di partita tra Isner e Mahut (2010), la più lunga della storia con, ovviamente, una targa che lo ricorda. Oppure basterebbe anche solo far notare il fatto che qui si gioca rigorosamente in bianco (ma i colori “ufficiali” sono verde e viola), che il pubblico è talmente composto da farti pensare che si giochi in un santuario ma sa scaldarsi come una polveriera non appena ci sono in campo i beniamini di casa o qualche eroe dei tempi (negli ultimi anni Federer, ovviamente), che può capitare (oggi sempre più raramente) che sugli spalti del centrale compaia la regina e allora ci si debba inchinare entrando e uscendo dal campo (lo scorso anno alla finale assistette Kate Middleton insieme alla sorella), che la pioggia è un compagno quasi inseparabile e che si può assistere a Novak Djokovic che aiuta gli addetti al campo a tirare il telone di copertura. O ancora, che le donne hanno sempre l’appellativo di Miss o Mrs: sul tabellone e quando l’arbitro dà il punteggio. Insomma, in una parola, è Wimbledon. Parte oggi l’edizione 2013: campioni uscenti Roger Federer e Serena Williams, e poi il ritorno di Rafa Nadal dopo la sconfitta al secondo turno dello scorso anno, Andy Murray che insegue il successo per essere il primo britannico dopo Fred Perry (nel 1936) a vincere i Championships (le donne non festeggiano dalla Virginia Wade del 1977, ma non hanno una campionessa che ci possa riuscire; non ancora, perchè un paio promettono bene ma per gli anni a venire), tutti gli outsider da Berdych a Tsonga, da Sloane Stephens a Petra Kvitova e poi sì, anche gli italiani. Sui quali non è che contiamo poi tanto: nel corso della storia possiamo solo raccontare di una semifinale di Nicola Pietrangeli nel 1960, e in anni recenti al di là dei quarti di finale (nel 1998, con Davide Sanguinetti) non siamo andati. Nemmeno Sara Errani può fare i miracoli: anzi, l’erba le è talmente invisa che lo scorso anno (era già nella top ten) è riuscita a entrare nella storia dalla parte sbagliata, perdendo un set contro Yaroslava Shvedova senza ottenere un punto (si chiama Golden Set, e sostanzialmente non succede mai). Wimbledon è anche questo: lo sa anche Roberta Vinci, che forse è l’unica giocatrice a poter ambire a entrare nella seconda settimana tra le giocatrici. Tra i maschi, confidiamo in Andreas Seppi più che in Fabio Fognini, molto più “terraiolo”. Ad ogni modo, presto sapremo: c’è anche la nostra coppia d’oro Errani/Vinci che affronta la rincorsa al primo Wimbledon della carriera, per chiudere il Grande Slam. Si parte oggi: alle 12:30 si inizia nei campi “minori”, alle 14 si apre anche il centrale con Roger Federer che, come da tradizione, apre le danze. Saranno due settimane di fuoco e passione (non si gioca nella cosiddetta “middle sunday”): alla fine, ci mancherà. (Claudio Franceschini)
(30) Fabio Fognini – Jurgen Melzer (AUT)
Kenny De Schepper (FRA) – Paolo Lorenzi
Elena Baltacha (GBR) – Flavia Pennetta
(5) Sara Errani – Monica Puig (PRI)
Lucie Hradecka (CZE) – Karin Knapp
Camila Giorgi – Samantha Murray (GBR)