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Home » Calcio e altri Sport » Tennis » US Open » Pagelle/ Us Open 2013, i voti ai protagonisti del torneo dello Slam

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Pagelle/ Us Open 2013, i voti ai protagonisti del torneo dello Slam

Terminati gli Us Open, è tempo di bilanci: ecco le pagelle con i voti ai principali protagonisti delle due settimane di New York, dai vincitori Nadal e Serena Williams alle sorprese

La Redazione
Pubblicato 11 Settembre 2013
UsOpen_pagelle

Djokovic e Nadal premiati dopo la finale (Infophoto)

I tornei di tennis dello Slam sono finiti anche per quest’anno. Si apre ora il periodo degli indoor, con vista naturalmente sui due Master riservati ai migliori 8 (ATP e WTA). Agli Us Open i vincitori sono stati quelli annunciati: Rafa Nadal e Serena Williams. Doppio maschile alla coppia Paes/Stepanek che ha eliminato, in semifinale, i fratelli Bryan impedendo loro di centrare lo Slam 2013; doppio femminile a Hlavackova/Hradecka, capaci di far fuori le sorelle Williams. In campo juniores, dominio croato: Borna Coric e Ana Konjuh si sono aggiudicati i titoli di categoria. Vediamo dunque i voti ai principali protagonisti del torneo di Flushing Meadows.


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Se nella scala dei valori si potesse assegnare un voto più alto, probabilmente lo faremmo. Che dire? Era il grande favorito per come arrivava qui dalla stagione sul cemento: imbattuto, con i titoli di Montreal e Cincinnati e, in primavera, quello di Indian Wells. Ha sbaragliato la concorrenza: un solo set perso (al tie break) sulla strada verso la finale, poi la vittoria su Djokovic di carattere, forza fisica e mentalità. A oggi nessuno tiene il suo livello, ma il punto non è questo. Solo a febbraio nemmeno lui sapeva come sarebbe rientrato; ora ha 13 Slam e 10 titoli nel 2013, uno in meno del suo record (2005). Serve altro? Ah già: è molto probabile che chiuda l’anno al numero 1 del ranking ATP. 


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Contro il Nadal di questo periodo nemmeno lui poteva granchè. Rafa lo aveva omaggiato prima della finale: “Preferirei incontrare un altro avversario”. Vero: sul cemento, Nole è ancora il numero uno in assoluto. Ma per quanto? A New York il serbo è arrivato dove tutti si aspettavano, ma non ha fatto quel gradino in più; perde la settima finale (su 13) dello Slam, la quarta negli ultimi due anni, e soprattutto nel corso delle due settimane ha dato l’impressione di non essere al meglio della condizione, soffrendo come un dannato per battere un pur ottimo Wawrinka, concedendo un set a Mikhail Youzhny e, soprattutto, spegnendo la luce in finale quando aveva il terzo set in pugno. Detto questo, ha ragione lui: a 26 anni, le stagioni migliori sono davanti a sè e non dietro.


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Prima semifinale Slam in carriera: arriva a 28 anni, e forse non è una sorpresa perchè lo svizzero, in questo 2013, aveva già centrato grandi risultati come la finale a Madrid. Dicono che non abbia il fisico di un tennista: sarà così, ma è in campo è un leone con colpi di grande qualità. Sulla sua strada ha fatto fuori, in successione, Berdych e Murray: contro Djokovic gli è mancata la lucidità necessaria per chiudere, ma ci è andato ad un passo. Si candida ad un grande 2014 ma deve guadagnare in costanza, perchè risultati del genere non gli sono abituali.

Per lui era la semifinale Slam numero due, dopo quella di Wimbledon ormai sei anni fa. Raggiunta, questa a New York, a seguito di due battaglie epiche contro Milos Raonic e David Ferrer, nelle quali è uscito vincitore al quinto set e tirando fuori risorse insperate con le spalle al muro. Non c’è stata partita contro Nadal, ma lo sapeva anche lui: il suo torneo l’aveva già vinto. Avesse nervi più saldi e un dritto competitivo almeno la metà del suo portentoso rovescio chissà: oggi forse non sarebbe il nono giocatore al mondo, ma qualcosa di meglio. Lo aspettiamo alla conferma.

Dopo Wimbledon, un’altra bocciatura. Zemlja, Berlocq e Mannarino sono avversari da solletico, e infatti quello gli hanno fatto prima di venire eliminati; alla prima prova del nove, il Re si è sciolto contro Tommy Robredo, forse pensando già al quarto di finale contro Nadal. Il dato è indicativo: i precedenti con lo spagnolo di Hostalric erano 10-0, e qui non ha vinto nemmeno un set. Stavolta mezzo voto in più rispetto ai Championships: gli anni passano per tutti ed è evidente che nel tennis fisico di oggi i 32 anni di Roger vanno in apnea. La classe è ancora la migliore per distacco, ma quel saltino in più per dominare ancora – quantomeno vincere – forse non gli compete più. Si riscatterà nei tornei indoor?

Meriterebbe di più solo per aver rimesso in piedi almeno tre volte una partita, contro Lleyton Hewitt, che aveva perso e straperso. Arrivava per di più dalla vittoria contro Tommy Haas (con cui aveva perso al Roland Garros), e nei quarti ha strappato un set a Novak Djokovic. Combattente che non molla mai, ha però ampiamente dimostrato che oltre un certo livello non può arrivare.

Lo ha ammesso lui stesso: non è arrivato a Flushing Meadows con la giusta concentrazione. Dopo aver vinto Wimbledon si è rilassato, anche giustamente: non è immediato togliersi la pressione di tutto un Regno dalle spalle e riprendere a giocare. Tuttavia ci si aspettava di più: era pur sempre il campione in carica, e il numero 3 del ranking ATP. Invece ha faticato già nei primi turni, e contro Wawrinka non ha mai visto la pallina. Lo aspettiamo ad un grande 2014, perchè non basta un’eliminazione ai quarti di finale per dire che sia in calo.

Ha emozionato tutti: il vecchio leone vincitore di due Slam nel decennio precedente che risorge e centra il grande risultato. Ha dimostrato che cuore e carattere non si insegnano e non vanno mai in pensione, ma alla fine la favola si è esaurita nel modo peggiore: contro Youzhny aveva chiuso la partita in almeno tre occasioni, ed è finita che ha festeggiato il russo. Un motivo ci sarà: a 32 anni l’australiano non è più quel giocatore che è stato in testa alle classifiche, ma il suo percorso per un momento ci ha riportato nel passato. Resta che ha perso agli ottavi, ma anche che ha piegato Juan Martin Del Potro al secondo turno.

Chiamarle nuove leve è forse riduttivo, ma parliamo di quei giocatori che, si dice, sono pronti a raccogliere il testimone dai big, o quantomeno a giocarsela ad armi pari. A Flushing Meadows è stato un disastro: a Grigor Dimitrov ha fatto male quella vittoria di Madrid su Djokovic, perchè da allora non ne ha più imbroccata mezza (qui fuori al primo turno da Joao Sousa); Jerzy Janowicz con la testa di serie più alta di sempre non ha superato il primo ostacolo (Maximo Gonzalez). A conti fatti l’unico che ci ha provato davvero è stato Milos Raonic, che però è uscito sconfitto nella battaglia contro Gasquet. Ripassare: per il momento, le gerarchie sono sempre quelle e non si sono visti miglioramenti.

Un mezzo disastro. Fabio Fognini ha forse pagato la fatica di un’estate che gli ha portato in dote tre finali e due titoli, fatto sta che è uscito subito (contro Rajeev Ram); Andreas Seppi si è schiantato sul muro Denis Istomin, contro cui aveva precedenti favorevoli e che era ampiamente alla sua portata. Salva la pagella l’esordiente Thomas Fabbiano, arrivato dalle qualificazioni: ha perso in tre set da Raonic, ma li ha giocati tutti ad armi pari. Non è più giovanissimo, ma chissà che in futuro non ci stupisca ancora.

 Ogni volta si dice: a questo giro, non vince. Ogni volta il trofeo lo alza lei. Fanno 17, e ha sintetizzato benissimo lei stessa: “Nel 1999 contavo 1, 2, 3 e 4; oggi conto 16 e 17, stiamo parlando della storia del tennis”. Autocelebrativa? Sarà, ma ne ha tutte le ragioni: ancora una volta il vento le ha dato fastidio in finale, si è innervosita oltremodo e ha perso un set che non doveva perdere, ma nel terzo parziale quando doveva azzannare la Azarenka non ha avuto pietà. Raggiunge Roger Federer come Slam vinti, è ad un passo da Chris Evert e Martina Navratilova e punta già i 20 successi; intanto, fanno 9 nel 2013 e la possibilità di chiudere l’anno al numero 1 WTA. Non succedeva dal 2009: chi la ferma più?

 Meriterebbe 10 solo per come ha rimesso in piedi il secondo set contro Serena: nessuna giocatrice negli ultimi cinque anni ci sarebbe riuscita, sarebbero affondate tutte con la testa tra le mani e piene di paura. Non lei, che ha avuto passaggi a vuoto nel torneo (Wozniak, Cornet e Ivanovic) ma si è ripresa quando serviva, distruggendo Flavia Pennetta in semifinale e lottando alla pari contro la Williams. Ha finito in lacrime, come un anno fa: stavolta nel punteggio non è mai stata così vicina, ma resta il rimpianto di un primo set che poteva vincere e invece ha perso. Si rifarà: oggi come oggi, è l’unica vera avversaria della numero 1.

  Torneo capolavoro. Gli indizi si erano già visti a Wimbledon, dove aveva centrato gli ottavi; qui le vere imprese sono state le partite contro Simona Halep (pur aiutata dalla pioggia) che era in forma stratosferica e Roberta Vinci, schiantata sul piano di gioco e mentalità. Contro Vika Azarenka le ha detto male il primo set: perso quello, si è sciolta come da pronostico. Resta la prima semifinale Slam in carriera, un ritorno su livelli di gioco eccellenti e un guadagno di 52 posizioni nel ranking WTA (ora è numero 31). A 31 anni, tutto di guadagnato: una seconda giovinezza, per nulla scontata dopo l’operazione al polso.

 Forse una delle tenniste più costanti del circuito: arriva sempre ad un passo, e non vince mai (solo il Roland Garros nel 2011). Rispetto alle avversarie più forti, le manca il killer instinct e la freddezza per sovvertire i pronostici che la vedono sfavorevole: a New York ha eliminato ottime giocatrici, ma contro Serena Williams non è mai stata in partita. Alla fine però in semifinale ci è arrivata lei, riprendendo per i capelli la partita contro Ekaterina Makarova che le stava scappando via: di certo non è un caso.

 Numero 15 della classifica WTA: complimentoni alla spagnola che quest’anno ha sempre giocato su alti livelli, e in queste due settimane ha dato prova di essere ormai una tennista solida e di carattere. Il tie break vinto al terzo set contro Angelique Kerber rimane il punto più alto di un torneo che non l’ha vista affrontare grandissime avversarie, ma nel quale per la prima volta ha raggiunto i quarti (terza volta negli Slam). Non è certo l’erede di Arantxa Sanchez, ma dimostra che anche la Spagna al femminile può dire la sua in questo periodo.

 Attenzione Italia: se la Makarova è questa anche in autunno, la strada verso la Fed Cup si complica. Gran torneo da parte della russa del 1988: fatte fuori Sabine Lisicki e Agnieszka Radwanska con una grande naturalezza, è stata vicina anche a fare il colpo contro Na Li, costringendola al terzo set. In crescita costante, rappresenta a New York una Russia che non è solo Maria Sharapova, ma che ogni volta riesce a produrre giocatrici che stanno benissimo nelle prime 20 della classifica (a oggi, lei è 21).

 Cos’è successo? Già a Wimbledon aveva dato segnali di cedimento, perdendo una semifinale (dalla Lisicki) che era ampiamente alla sua portata e nella quale non ha mai aggredito. Agli Us Open è successa la stessa cosa: la Makarova era in forma straordinaria, ma se sei la numero 3 del seeding ci si aspetta ben altro. I quarti di finale restano il punto più alto mai raggiunto a Flushing Meadows, ma arrivata a 24 anni la polacca deve riuscire a fare quel passo in più per superare l’ostacolo e iniziare a centrare i grandi risultati. 

 D’accordo: il suo tabellone è stato decisamente semplice, l’avversaria con il ranking più alto è stata Alison Riske (numero 81). Però, valeva anche per le altre, che si sono trovate di fronte una giocatrice di 30 anni con gli anni migliori alle spalle. Dal cilindro è uscita lei, con una rimonta miracolosa su Julia Glushko che pensava già di essere agli ottavi. La prima giocatrice forte contro cui ha giocato, Victoria Azarenka, ha spazzato via la slovacca; ma intanto era dal 2008 (semifinale a Melbourne) che non si spingeva così avanti negli Slam.

 L’ennesima campioncina a divenire, o una toccata e fuga? Lo scopriremo: ma intanto, come si fa a non darle un voto altissimo? Ha 17 anni, era alla prima incursione in un tabellone Slam con il numero 296 della classifica e una storia pazzesca alle spalle (il padre è rimasto sotto le macerie nel terremoto di Haiti ed è vivo per miracolo); al primo turno pronti via, rimontona e vittoria contro Samantha Stosur, campionessa qui due anni fa. Peccato non sia durata: la Hantuchova non ha avuto pietà. Tuttavia la sua intervista post vittoria al primo turno resta negli annali: una bambina emozionata che non si rende conto di quello che ha fatto. O forse sì? Intanto, ha scalato 105 posizioni nel ranking.

 Al netto di una deludente Sara Errani, in crisi di nervi e identità e frenata al secondo turno dall’amica Flavia Pennetta, il torneo delle azzurre è stato più che positivo. Quattro derby in quattro turni consecutivi, tre giocatrici agli ottavi, Camila Giorgi che elimina Caroline Wozniacki e Karin Knapp che fa fuori Elena Vesnina. Non possiamo proprio lamentarci: contro la Azarenka nessuna avrebbe comunque avuto chance. Per quanto riguarda il doppio, Errani/Vinci sono state nettamente battute dalle Williams, e confermano il periodo nero: non vincono un torneo da febbraio.

 Detto di Victoria Duval, le altre non hanno poi brillato: la migliore è forse stata Christina McHale, che ha raggiunto il terzo turno e ha sprecato la grande occasione contro Ana Ivanovic, che aveva praticamente già battuto. Casomai ci sono conferme interessanti: Laura Robson ha raggiunto il terzo turno e ha messo paura a Na Li (poteva portarla al terzo set), Sloane Stephens ha subito la collera e la vendetta di Serena Williams ma ormai entra almeno nelle prime 16 con grande regolarità e da lunedi ha il numero 13 nel ranking. Per le altre, vedere qui sotto.

 Ha salutato il mondo juniores vincendo gli Us Open. Bella trovata, no? Ha giocato quattro partite su sei contro americane (quindi con tifo contro), al primo turno era virtualmente eliminata prima di una grande rimonta, in finale si è trovata sotto di un set e poi 3-5 nel tie break decisivo. Secondo Slam di un anno magico (dopo gli Australian Open), chiude l’avventura juniores con il numero 2 nel ranking e passa ufficialmente pro avendo già una classifica ufficiale (numero 278) e un torneo vinto (a Montpellier). A quasi 16 anni una bella soddisfazione, come quella di aver centrato almeno le semifinali in tutti gli Slam di categoria del 2013. “Io gioco sempre per tirare un vincente”, ha detto dopo la vittoria: grande mentalità, ma forse al piano di sopra dovrà adeguarsi maggiormente agli scambi prolungati.

 Sembra una fiaba: ha una sorella che si chiama Hurricane e che, come lei, promette benissimo. Qualcuno le ha già etichettate come le nuove Williams: aiuta il colore della pelle ma anche i risultati. A 15 anni (e al suo secondo Slam) Tornado ha raggiunto la finale juniores, eliminando sulla sua strada due teste di serie come Barbora Krejcikova e Antonia Lottner, e contro la Konjuh è stata a un nulla dal vincere. Il tutto con una gamba mal messa, e un’umiltà da insegnare: “Ero 5-3 nel tie break, ma non ho esperienza: lei ce l’ha, ha giocato meglio e meritato la vittoria”. La rivedremo l’anno prossimo, con qualche big in meno (anche Belinda Bencic passa definitivamente pro): arriverà il suo momento?

(Claudio Franceschini)


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