Nel basket NBA viene premiato il cosiddetto sesto uomo, quello che entra dalla panchina e solitamente riesce dare la scossa ai compagni e una svolta alla partita, con punti o energia sui due lati del parquet. Nel calcio tutto si allarga, dal campo di gioco alle rose degli atleti, ma c’è sempre spazio per qualche “panchinaro specializzato”: gente che non fa problemi a partire tra le riserve e capace di scatenarsi nella fetta di partita concessa. Alcuni diventano veri e propri titolari aggiunti, altri sono i primi ad entrare in campo in caso di bisogno: non si tratta necessariamente di superstar o predestinati ma di giocatori dannatamente utili. Quelli che parlano poco (sì-grazie-prego-ok) e giocano tanto, perché il loro tempo è spesso determinato, o subordinato a quello dei titolari.
Secondo posto: Alessandro Florenzi (Roma) Un romanista per tutte le stagioni, un giocatore per tutti i ruoli. Ha imparato da ogni maestro, sommando le nozioni che oggi ne fanno un “tuttocampista” di soli 23 anni. A Crotone si è fatto ossa dure e spalle larghe, con Zeman è diventato maratoneta mentre Rudi Garcia ne ha affinato le qualità offensive, non a caso è il quarto marcatore stagionale con 6 gol. E non a caso è il giallorosso che ha giocato più di tutti pur non essendo titolare: 37 presenze di cui 16 da subentrante, assente solo in Roma-Atalanta del 12 aprile per raggiunto limite di ammonizioni (6). Non sarà crema e gusto, ma per Florenzi ogni momento è quello giusto.
Terzo posto: Nicola Sansone (Sassuolo) Stessa annata di Florenzi (1991) e stesso passato a Crotone, nella stagione 2011-2012. In più è uno dei pochi casi di emigrato di ritorno, anche se dall’Italia tecnicamente non è mai scappato: nato a Monaco di Baviera e cresciuto nel Bayern, è rientrato tre anni fa debuttando in Serie A l’anno scorso. A gennaio il Sassuolo: trasferimento misterioso perché a Parma Sansone aveva il suo bel perché; sei mesi dopo è uno dei segreti della salvezza neroverde, condita dai suoi 5 gol ed altrettanti assist in 12 presenze. Non è stato amore a prima vista (3 panchina su 5 match nella gestione Malesani) ma poi è bastato poco: d’altra parte per qualità fisiche (piccolo e rapido) e tecniche (dribbling e velocità d’esecuzione) Sansone è il perfetto attaccante tascabile, da estrarre quando vuoi.
Altre nomination: Ioannis Fetfatzidis (Genoa) Un greco chiamato dribbling, cometa o buco nero dell’azione genoana a seconda dell’esito. Potrebbe fare il dodicesimo di professione: 31 presenze di cui 20 dalla panchina. Mai come nel suo caso si è avuta la sensazione di giocatore part-time, più efficace a gara in corso che dall’inizio. I numeri sono ancora “monchi” (2 gol e 4 assist) per qualche funambolismo di troppo, ma nella panchina del Genoa è quasi un lusso. Un pokémon di tipo elettrico a cominciare dal nome: se si mette male Gasp può lanciarlo in campo al grido di “Fetfatzidis, scelgo te!”
Lorenzo Insigne (Napoli) Sempre meno riserva e sempre più titolare aggiunto, come dimostrano le 36 presenze complessive in Serie A (25 dall’inizio), secondo solo a Callejon che ne ha raccolte 37. Aveva già convinto Mazzarri e rapidamente ha conquistato anche la fiducia di Benitez: alla consacrazione manca solo la firma di Prandelli. E qualche gol in più a dirla tutta, perché a prescindere dall’impatto nella singola partita che è quasi sempre rilevante, Insigne deve smaliziarsi in fase conclusiva. Nel frattempo Rafa può godersi il suo miglior assistman: 58 totali di cui 9 decisivi, più o meno gli stessi di Cerci e Cuadrado per capirci.
Primo posto e vincitore: Martin Caceres (Juventus) La riserva perfetta del campionato, con meno numeri all’attivo (17 presenze senza gol, 1 ammonizione) ma più responsabilità a carico. Missione compiuta per lui: doveva sostituire Barzagli e si è fatto trovare pronto, offrendo alla causa marcatura attenta e una buona autonomia in fase di impostazione. Assieme a lui va citato anche Claudio Marchisio, che ha totalizzato 29 presenze subentrando 8 volte (4 gol), lasciandosi “calpestare” da un ventenne senza dire.. ‘(Pog)ba’. L’impressione è che 1500 o 2000 minuti nella Juventus di Conte valgano più di 3000 in un’altra squadra: in campionato la differenza tra bianconeri ed inseguitori la fanno loro, i dodicesimi che nessun altro può permettersi. La Roma ha mosso un primo passo ingaggiando Nainggolan, a Conte invece manca ancora un corrispettivo in attacco ma attingendo dai vari Giovinco, Quagliarella, Osvaldo e Vucinic ha avuto di che arrangiarsi quest’anno.
(Carlo Necchi)