Il tennis WTA è andato in vacanza con la finale di Fed Cup vinta dalla Repubblica Ceca. Sono stati undici mesi intensi tra sorprese e delusioni, conferme e momenti clou; in queste poche righe abbiamo cercato di riassumere tutto quanto è accaduto nel 2015 del tennis femminile assegnando premi specifici alle varie giocatrici che abbiamo visto in campo, senza la pretesa – ovviamente – di sostituirci alla WTA che i suoi premi stagionali li ha già decisi e resi noti.
Serena Williams ovviamente, anche se con un asterisco. Perchè sì, la numero 1 ha dominato, ha allungato a 274 le settimane in vetta al ranking (ora è terza assoluta), non scende dal piedistallo da quasi tre anni e ha pur sempre vinto tre Slam; però è anche vero che ha vinto “solo” 5 titoli (erano stati 7 nel 2014 e 11 nel 2013), che in certi frangenti si è salvata per dettagli (a Wimbledon contro Heather Watson) e soprattutto che ha mancato il Grande Slam di calendario perdendo la semifinale degli Us Open. Una delusione che l’ha portata a non giocare le WTA Finals; poco dopo è arrivata l’indiscrezione della presunta maternità – non confermata, ma nemmeno smentita – che potrebbe portare a un ritiro anticipato. Vedremo, di certo non si può non fare il suo nome nel parlare della migliore. Anche stavolta.
Per la WTA è Timea Bacsinszky, che ha una storia pazzesca alle spalle e che ha raggiunto la semifinale del Roland Garros (e due titoli WTA); nomination che ci sta (e che viene dai fan), ma noi vogliamo premiare un’altra svizzera al suo fianco. Naturalmente Belinda Bencic, numero 14 del ranking mondiale. Se nel 2014 aveva confermato le grandi cose fatte a livello juniores, il 2015 l’ha vista esplodere: primo titolo a Eastbourne, poi addirittura il Premier V di Toronto, quindi la finale di Tokyo. Ormai è pronta per grandi traguardi, come Garbine Muguruza che ha giocato la finale di Wimbledon, la semifinale delle WTA Finals e ha chiuso l’anno al terzo posto della classifica. Adesso la spagnola deve confermarsi, che è la parte difficile del suo lavoro.
Non bisogna fare troppa strada, a meno che non vogliamo citare le imprese di Daria Gavrilova (soprattutto la vittoria di Miami contro Maria Sharapova). Sappiamo tutti di chi stiamo parlando: di Roberta Vinci, e della sua pazzesca vittoria su Serena Williams nella semifinale degli Us Open. L’intervista post-partita è stata genuina come non accadeva dai tempi di Na Li; il match e la vittoria in tre set ci hanno fatto piangere di gioia e pensare che sì, anche questo può succedere. Roberta ha festeggiato la prima finale Slam a 32 anni, quando era in declino e non sembrava poter ambire a tanto; la stagione 2016 sarà l’ultima da professionista, speriamo possa togliersi altre grandi soddisfazioni.
Una candidatura ancora più ovvia: Eugenie Bouchard. Nel 2014 la canadese vinceva il premio di giocatrice più migliorata (dopo quello di esordiente dell’anno), frutto di tre semifinali Slam (con finale a Wimbledon) e la salita al numero 7 del ranking WTA. Dodici mesi più tardi la troviamo al numero 49, con un bottino di 12 sole vittorie stagionali e i quarti agli Australian Open come punto massimo. Agli Us Open ci si è messa pure la sfortuna: aveva raggiunto gli ottavi ma è caduta negli spogliatoi, ha picchiato la testa ed è stata costretta al forfait. Il 2016 ci restituirà la vera Genie o siamo di fronte a un grande talento svanito troppo in fretta?
Della semifinale di Roberta Vinci abbiamo già parlato; il momento topico del 2015 non può che essere quello che è successo il giorno seguente, quando Flavia Pennetta ha vinto gli Us Open a 33 anni mettendo in bacheca il primo Slam in carriera e, pochi minuti più tardi, annunciando un ritiro che fino a quel momento aveva tenuto per sè.
L’abbraccio con Roberta, le risate pre e post consegna dei trofei, l’atmosfera rilassata e i tanti messaggi di auguri e felicitazioni da parte delle colleghe: Flavia non l’avrebbe nemmeno potuto immaginare, un momento così. C’è stato, e ce lo teniamo ben stretto.
L’estate 2015 ci ha consegnato primi titoli WTA di Belinda Bencic (’97), Ana Konjuh (’97) e Camila Giorgi, che però è una classe ’91 e non può rientrare in questa categoria. Altri nomi? Catherine Bellis, per tutti CiCi, è una ’99 e a marzo il suo incrocio a Miami con Serena Williams è sembrato essere un passaggio di consegne, anche se la giovanissima californiana si è maggiormente dedicata al mondo juniores (come è giusto che sia). Jelena Ostapenko e Daria Kasatkina, due 1997, sono campionesse di Slam juniores e hanno già fatto parlare di loro nel circuito professionistico; l’anno prossimo potrebbe essere il loro momento.
L’ITALIA – Il bilancio è chiaramente positivo: la prima finale Slam tutta italiana nella storia del tennis basta da sola a bollare questa stagione come straordinaria. Guardando più sotto troviamo il titolo di Camila Giorgi a ’s-Hertogenbosch, ma poco di altro; la stessa Giorgi ha confermato la sua incostanza e un gioco monocorde che non la porterà lontano. Sara Errani è calata; lontani i fasti del 2012 e 2013, si è tenuta a galla (numero 20 del ranking) ma senza picchi di rendimento (anche se ha trionfato a Rio de Janeiro). Soprattutto, va registrato il disastro in Fed Cup (da 2-0 a 2-3 contro la Francia, in casa) che ha portato alla separazione della storica coppia Errani-Vinci. Forse per sempre, anche se qualcuno ci spera per le Olimpiadi. Si vedrà…
(Claudio Franceschini)