I quattro ori di Jesse Owens, sbattuti in faccia ad Adolf Hitler. Le lacrime di Derek Redford che, scortato dal padre entrato senza autorizzazione sulla pista di Barcellona, completa in lacrime la semifinale dei 400 metri, dovendo rinunciare al sogno medaglia a causa di uno strappo. La caduta di Gail Devers, che inciampa sull’ultimo ostacolo dei 110 e deve rinunciare alla doppietta. Gli occhi spiritati di Ben Johnson e quel dito alzato all’arrivo dei 100 metri di Seul, prima dell’esito dei controlli anti-doping. I tre secondi di Usa-Urss di basket, in piena guerra fredda, ripetuti tre volte e chiusi con la vittoria sovietica ben oltre i sospetti: le medaglie d’argento non furono mai consegnate, i giocatori americani si rifiutarono di riceverle. La medaglia d’oro di Cassius Clay finita nell’Ohio, quando in un ristorante si rifiutarono di servirlo. La clamorosa ostruzione di Boutayeb nei confronti di Chelimo, per favorire il suo connazionale Skah nei 10.000 metri (ci fu anche una squalifica temporanea, poi inspiegabilmente rientrata). Il 9”69 di Usain Bolt, con balletto sul traguardo a troncare un crono che sarebbe stato spaventoso. L’arrivo notturno, e a piedi scalzi, di Abebe Bikila sotto il Colosseo: primo africano a vincere un oro olimpico. Il 10, ripetuto sette volte, di Nadia Comaneci, per il quale i tabelloni di Montréal non erano preparati: si prese cinque medaglie, in una sfida entusiasmante con Nelli Kim. La bracciata di Camelia Potec che emerge in corsia 1 e brucia Federica Pellegrini, sicura dell’oro, nella finale dei 200 stile libero. La tragedia di Dorando Pietri, squalificato per essere stato sorretto nell’ultimo giro della maratona (dicono che tra chi lo aiutò ci fosse anche Arthur Conan Doyle: non fu mai chiarito). La commozione di Alex Schwazer al termine di una marcia da brividi. Il bacio di Gelindo Bordin alla pista di Seul. Le braccia alzate di Sara Simeoni a Mosca. E via discorrendo. Di immagini olimpiche ne potremmo raccontare cento, mille, di più. E’ il fascino di una manifestazione che occorre ogni quattro anni, che in due settimane vive emozioni uniche con centinaia di eventi e discipline coinvolte. Da Atene 1896 a Pechino 2008 tantissimi campioni sono esplosi sulla scena: Michael Johnson e le sue scarpette dorate, Michael Phelps e le 16 medaglie (può battere il record di Larysa Latynina, 18), Florence Griffith-Joyner e le sue unghie infinite, Steffi Graf e il suo Golden Slam, unica tennista nella storia a riuscirci, Livio Berruti velocista per caso e campione olimpico (con record del mondo) nei 200 metri, Pietro Mennea che lo emula vent’anni dopo. Oggi, Londra 2012:
Quali altre storie ci regalerà? La speranza di noi italiani è quella di fare bella figura e ottenere un bel bottino di medaglie. Gianni Petrucci ne auspica almeno 25: possibili, se la scherma e il nuoto (soprattutto Federica Pellegrini) terranno fede ai pronostici. Il nostro record è di 36, per due volte (Los Angeles 1932, fummo secondi nel medagliere, e Roma 1960), mentre a livello di ori il massimo è di 14, sempre a Los Angeles ma nel 1984. Valentina Vezzali guiderà la squadra olimpica all’interno dello stadio, insieme a lei tante nostre speranze come Vanessa Ferrari, Sara Errani e Roberta Vinci, Giovanni Pellielo, Fabrizio Donato, le due squadre di pallavolo e quelle di pallanuoto, Tania Cagnotto e Francesca Dallapè. E non solo. Tifiamo tutti per loro, da oggi al 12 agosto. Che lo spirito di Pierre de Coubertin resti vivo, certo; con tante vittorie azzurre, sarebbe ancora meglio.
(Claudio Franceschini)