, allenatore di una Roma che chiuderà al secondo posto un campionato straordinario (85 punti con due giornate da giocare) ha rilasciato una lunga intervista a La Repubblica; pretesto la grande partita contro la Juventus di domenica (anticipata al pomeriggio, orario da definire), una sfida che avrebbe potuto e dovuto decidere la corsa allo scudetto e che invece sarà solo un bello spot per il calcio. Come il tecnico francese vuole che sia: “Voglio che domenica sia una festa del pallone, per noi e per la Juventus. Lo scudetto l’hanno vinto loro: complimenti, sono stati bravi. Ma lo siamo stati anche noi: siamo arrivati secondi giocando spesso un buon calcio, le aspettative non erano queste e tutti me lo ricordano, perciò lo accettiamo ma sappiamo anche che tra un anno dovremo essere più forti se vorremo vincere”. Garcia ha anche ribadito come davvero credesse al tricolore fino alla partita dei bianconeri contro il Sassuolo, “le rimonte incredibili non le ho inventate io, sono nella storia del calcio. La soddisfazione resta: abbiamo tenuto sotto pressione una Juventus che viaggiava a ritmi da record”. Dei bianconeri, ha detto, ha in particolare ammirato Gigi Buffon e Andrea Pirlo: “Che fossero campioni lo sapevo, ma mi ha colpito la loro classe umana e il loro comportamento del tutto sportivo. Sono giocatori che fanno solo bene al calcio”. Non sopporta invece “che si diano troppi soldi ai calciatori quando sono ancora molto giovani”. E’ un’intervista a tutto tondo quella di Rudi Garcia: si parla del suo amore per il vecchio Nantes anni Sessanta e Settanta, per la Francia di Hidalgo, ma poi si torna sempre alla Roma: “A Catania abbiamo sbagliato tutti, io per primo. Ne faremo tesoro”. E si parla della sua idea di calcio: “Io ho sempre giocato con la difesa a 4, mi stupisce che qui in Italia si usi spesso quella a 3. Solo una volta ho usato la marcatura a uomo, quando Keita cancellò Juninho”. Il gol più bello? “Quello con un tocco da tre metri dopo una serie di passaggi rasoterra”, ma questo non significa, ha specificato subito, che debba rimproverare Totti o Strootman per un gran tiro da 25 metri. “Un allenatore è felice quando si esalta il collettivo”. E lui nel collettivo si è trovato subito benissimo: “Ho sempre chiamato i giocatori per nome, non è solo un’abitudine di Roma. Ma qui ho capito subito la squadra, e siamo partiti con grandi premesse: De Rossi segna a Livorno chiudendo il tormentone sull’addio, Balzaretti fa gol nel derby”. E’ arrivato come una sorpresa e una scommessa, adesso lo conoscono tutti: dall’anno prossimo sarà ancora più difficile.