Da qualche ora è ufficiale: Mike D’Antoni non è più l’allenatore dei New York Knicks. La decisione è arrivata in serata, ma era nell’aria già da qualche settimana. Possiamo dire che la recente ed improvvisa esplosione di Jeremy Lin, guardia “salvagente” pescata dagli avanzi del draft, ha solo allungato di un mesetto l’esperienza dell’ex stella dell’Olimpia Milano. D’Antoni lascia la Grande Mela dopo tre stagioni e mezzo, con un bilancio di 121 partite vinte e 167 perse. Alla base della separazione, quella che stando alle prime dichiarazioni dell’interessato è stata “una diversa visione rispetto alla proprietà sul futuro della franchigia”. Che lascia nelle mani dell’assistente Mike Woodson, ex allenatore degli Atlanta Hawks (dal 2004 al 2010, trasformò la squadra da barzelletta a mina vagante dei playoffs). Attualmente, i Knickerbockers (come ancora ama chiamarli Dan Peterson) sarebbero fuori dalla griglia playoff della Eastern Conference. Il record attuale parla di 18 vittorie e 24 sconfitte, davvero troppe se raffrontate al valore tecnico della squadra. Che resta, se non da titolo, almeno di prim’ordine: con l’ingaggio estivo di Tyson Chandler, il direttore generale Donnie Walsh pensava a ragion veduta d’infondere un pò di sana mentalità difensiva anche nel run and gun d’antoniano. Il gioco “corri e spara” predicato dal tecnico Virginiano aveva illuminato il basket a stelle e strisce come una cometa, all’epoca dei devastanti Phoenix Suns del quadriennio 2003-2007. Quelli, per intenderci, degli Steve Nash, degli Shawn “The Matrix” Marion e degli Amar’è Stoudemire. Già, proprio quello Stoudemire che il buon Mike aveva ritrovato a New York, nella coppia dei sogni con Carmelo Antony. Eccoci, ci siamo arrivati a ‘Melo. Proprio un anno fa, di questi tempi al Madison si festeggiava l’acquisto della stella ex Denver, per il quale fu sacrificato il polmone verde del roster (ivi compreso, come ben ricorderete, il nostro Danilo Gallinari). Allora l’entusiasmo soffocò i dubbi e le problematiche che oggi stanno alla base delle dimissioni di D’Antoni. L’argomento è molto chiacchierato, per non dire imputato come causa principale del divorzio, anche negli States: quante possibilità c’erano che Anthony s’integrasse nel sistema di gioco predicato dal tecnico? Lo status di superstar del numero 15 ha imposto delle condizioni che hanno sventrato le dinamiche di squadra.
Forzature, isolamenti, giochi spezzati: come potevano sposarsi con i tiri in 7-8 secondi, gli scarichi veloci e i pick’n’roll? Al traghettatore Woodson non “rimane” che portare gli sciagurati Knicks alla postseason, magari impostando un gioco più consono alle caratteristiche dei singoli, poi si vedrà. A proposito di allenatore: la dipartita (cestistica, ci mancherebbe) di D’Antoni apre il toto successore, già dominato da uno ed un solo nome. Pensateci bene, cosa cerca Walsh? Un coach vincente (a New York la pazienza è più antica del playground) ed attualmente disoccupato. Insomma, chi se non il Maestro Zen, quel Jackson già di scena al Madison come giocatore (1967-1978)? L’operazione è complessa, ma New York ha fascino, soldi e tradizione (in rigoroso ordine alfabetico) per scavare una ruga di tentazione anche sulla maschera di Phil. Del resto, si diceva così anche di D’Antoni… L’alternativa sarebbe John Calipari, stimato sia a livello collegiale che al piano di sopra. Staremo a vedere. Come si suol dire, Iit’s NBA, everybody makes a run. Quello di D’Antoni, purtroppo era finito da un pò.