La chiamano March Madness: negli Stati Uniti, quando si fa riferimento alle finali del torneo NCAA si usa questa espressione. March viene da sè, anche se tecnicamente le Final Four iniziano il 6 aprile; Madness, semplicemente perchè l’America in questo periodo dell’anno impazzisce. L’evento è quasi più seguito del Superbowl, e questo rende chiaro il concetto di cosa significhi. Un dettaglio, che già sapete: stiamo parlando di basket unversitario. E’ come se l’Italia intera si fermasse per guardare le finali delle squadre giovanili, anzi nemmeno: perchè i due concetti non sono assimilabili nè paragonabili, e perchè non ci andremmo nemmeno vicini. Qui c’è lo spirito di appartenenza al college, ci sono giocatori che diventeranno o non diventeranno stelle della NBA ma hanno quello come obiettivo, c’è un basket che si gioca con regole diverse (due tempi da venti minuti, 35 secondi per tirare, lo storico 1+1 ai tiri liberi). Lo scorso anno vinse la Kentucky di Anthony Davis, prima scelta assoluta al draft NBA, e coach John Calipari, semplicemente una leggenda da quelle parti. Quest’anno il pronostico è semi-impossibile: la stagione è stata segnata da un equilibrio pazzesco, pertanto regna una grande incertezza. Ci limitiamo a dare alcuni spunti: il primo è che il tabellone è tennistico e che le Final Four si giocano al Georgia Dome di Atlanta. Il secondo è che tale tabellone è sacro quanto le partite che contiene: si chiama “bracket” la pratica di riempirlo con il proprio pronostico. Ci sono premi messi in palio per chi azzecca più previsioni (secondo regole che possono variare) e anche il presidente Obama è solito compilarlo, tanto che la cerimonia è seguita in televisione. Il tabellone è diviso in quattro “zone”: Midwest, West, South e East. Ognuna ha la sua testa di serie numero 1, ovviamente: stando così le cose, a seguire i numeri nudi e crudi dovremmo vedere ad Atlanta Louisville, Gonzaga, Kansas e Indiana. La realtà è ben diversa: Duke (allenata dal dimissionario coach di Team Usa Mike Krzyzewski) ha chances di giocarsela e deve allo stesso tempo fare attenzione alla possibile outsider Saint Louis. Un’università storica come North Carolina (da qui è uscito Michael Jordan) ha un primo turno complicato (contro Vilanova), se la gioca ma con probabilità di uscire, poi c’è l’attacco spumeggiante di Michigan (ricordate i Fab Five con Chris Webber e Jalen Rose?) che incrocia subito la super-difesa di VCU. E poi Ohio State, che nonostante il seed numero 2 nella West appare la squadra più accreditata per giocarsi la finalissima (8 aprile) contro Louisville, che lo scorso anno sotto la guida di Rick Pitino ha centrato la Final Four in maniera semi-inaspettata. Ripetiamo: tutte previsioni sulla carta, perchè gli upset sono dietro l’angolo. Nel 2010 il piccolo college di Butler (nell’Indiana) arrivò sorprendemente a giocarsi il titolo in una tiratissima finale contro Duke, perdendo per soli due punti. Perciò non ci sbilanciamo e diciamo solo: compilate il vostro bracket, non costa nulla e sarete anche più coinvolti nella follia di marzo. Che, per fortuna, sta per cominciare.