È, per la prima volta in carriera, il Most Valuable Player della NBA per la regular season 2013-2014. , ovvero il miglior giocatore. Un plebiscito: 119 voti su 125, gli altri 6 sono andati ça va sans dire a LeBron James, che ne ha già vinti 4 tra il 2008 e il 2013 con la sola interruzione del 2011, quando fu scavalcato da Derrick Rose. Le cifre di Durant sono straordinarie: intanto ha guidato gli Oklahoma City Thunder ad avere il secondo miglior record della regular season unendo Western e Eastern Conference (, dietro solo ai San Antonio Spurs). Personalmente ci ha messo una media di 32 punti (miglior marcatore della Lega), 5.5 assist e 7.4 rimbalzi, tirando con il 50,3% dal campo e con il 39,1% da 3. Più che il meritatissimo titolo di MVP però, la vera notizia è il discorso che Durant ha tenuto al momento della premiazione (il trofeo lo ha ricevuto nella notte, prima di gara-2 di playoff contro i Los Angeles Clippers). Intanto perchè ha ringraziato uno per uno i suoi compagni, da Caron Butler che è arrivato nel corso del mercato di febbraio a Russell Westbrook che è con lui dall’inizio. “Ti criticano in tanti e sei un ragazzo emotivo, ma per me andresti contro un muro”; poi perchè ha ricordato qualche aneddoto di quando giocava ancora a Seattle, la squadra si chiamava Sonics e lui era appena arrivato nella Lega; una squadra perdente, ma che aveva già in Scott Brooks il suo condottiero (divenne capo allenatore proprio nel 2008, prima era vice) e che con l’aiuto del numero 35 è diventata una potenza capace di giocare le finali nel 2012 (perse 4-1 contro i Miami Heat) e rimanere costantemente ai vertici del campionato. Ma il momento più toccante del discorso di KD, e che ha fatto il giro del mondo, è quello in cui ha ringraziato la madre. Wanda Pratt, sempre presente alle sue partite: Durant la omaggia con un bacio prima della palla a due e un bacio alla fine. “Non penso tu sappia cosa hai fatto” inizia Kevin; e da lì è un crescendo di emozioni, un ricordo dell’infanzia durissima passata a Seat Pleasant, un sobborgo di Washington. Una madre single e due figli, la prima casa senza mobili, “ma ci siamo seduti in una stanza e ci siamo abbracciati forte, perchè così pensavamo di farcela”. Ricorda, Durant, i momenti in cui veniva svegliato di notte perchè si allenasse; la madre lo incitava, ci credeva, pensava e sapeva che un giorno il figlio sarebbe diventato il numero uno. “Ci hai tolto dalla strada, ci hai vestito, ci hai sfamato anche se tu andavi spesso a letto senza cena. Ti sei sacrificata per noi. Il vero MVP sei tu“. Wanda, in sala, scoppia in lacrime, e non potrebbe essere che così: MVP o meno, Kevin Durant ha mostrato come si può essere un campione affermato e mantenere la propria umanità intatta. La prossima sfida è il titolo: Oklahoma City, dopo aver superato in sette durissime partite i Memphis Grizzlies, è in situazione di parità (1-1) contro i Los Angeles Clippers nella semifinale della Western Conference. Ha perso la prima in casa, e deve fare il blitz allo Staples Center se vuole sperare di centrare la finale.