Finalmente è arrivato il giorno del draft NBA 2018: si terrà come sempre al Barclays Center di Brooklyn, e avrà luogo nella notte italiana tra giovedì 21 e venerdì 22 giugno con inizio alle ore 1.00 (negli Stati Uniti saranno invece le 19 della sera precedente). Il meccanismo lo abbiamo studiato e analizzato anche negli anni precedenti: volendo fare un veloce riassunto, le squadre della lega di basket sono accorpate in una sorta di sorteggio per accaparrarsi i migliori prospetti in uscita dalle università americane o che arrivino da tutto il mondo, a patto di rispettare alcuni parametri di età. La squadra peggiore del campionato precedente ha le maggiori probabilità di ottenere la prima scelta assoluta, e l’ordine delle chiamate viene effettuato tramite una “lottery” alla quale partecipano le ultime cinque franchigie; poi, a scendere fino alla numero 1 della regular season precedente, si chiamano i vari giocatori. Semplice? Pare di sì, ma questa è solo la superficie: scavando più a fondo si scopre che le scelte possono essere scambiate come se fossero dei giocatori in carne e ossa (esempio: X cede a Y due giocatori in cambio della prima scelta futura), e ovviamente il draft si inserisce in un sistema che prevede un monte salari massimo che è uguale per ogni squadra e tasse su eventuali sforamenti. In parole povere, gli sport americani (ciascuno con le sue regole) cerca di stabilire una sorta di ruota che gira: ogni squadra, ovviamente sulla carta e a livello virtuale, ha ciclicamente la possibilità di arrivare a giocarsi le sue possibilità di vincere il titolo.
IL DRAFT NBA E I SUOI MECCANISMI
Il meccanismo però è ancora più complesso di così, perché spiegata la “tecnica” del draft entrano in gioco i protagonisti, e questo è tutto un mondo a parte. Intendiamoci: qualunque management sceglierebbe LeBron James potendolo fare, senza curarsi del ruolo e di quello che serve al roster. Solo che non tutti sono il Prescelto, e allora bisogna fare delle valutazioni: intanto appunto la posizione in campo rispetto ai giocatori già in squadra e le possibilità di manovra, poi il senso del progetto (se ho intenzione di vincere in 3-4 anni posso permettermi un giocatore al momento buono, ma che possa diventare ottimo o devastante in quell’arco di tempo) e così via. Sia come sia, questo vale soprattutto per le chiamate da un certo numero: solitamente, almeno le prime 2-3 sono fissate anche se l’ordine magari non è necessariamente quello previsto. Quest’anno la prima scelta è dei Phoenix Suns; poi Sacramento, Atlanta, Memphis, Dallas, Orlando e Chicago. Alla numero 8 troviamo la finalista 2017 Cleveland, per quanto dicevamo prima: è una scelta che originariamente aveva Brooklyn ma che nel lontano 2013 è stata girata a Boston nel pacchetto per arrivare a Kevin Garnett e Paul Pierce. Da qui l’anno scorso è arrivata nell’Ohio, insieme a Isaiah Thomas e altri giocatori nello scambio che ha portato Kyrie Irving al TD Garden. Insomma, mondo complesso: quello che possiamo dire al momento è che tra le papabilissime prime scelte compare anche Luka Doncic, recente MVP di Eurolega (regular season e finali) e campione d’Europa con la Slovenia. Se la gioca verosimilmente con DeAndre Ayton, centro di Arizona (i numeri 5 puri sono oggi merce rara e capaci di spostare nuovamente gli equilibri) e Marvin Bagley, ala forte da Duke; è invece sceso nelle quotazioni Trae Young, tiratore da Oklahoma che per qualche mese è stato paragonato a Steph Curry, salvo poi calare il suo rendimento. Anche qui però dipenderà da quello che serve alle franchigie: a Phoenix per esempio c’è un certo Devin Booker, un asse con Ayton (che peraltro non dovrebbe nemmeno cambiare stato) non sarebbe affatto male…