Cos’è Inter-Juventus? Per i freddi numeri e i tabellini della Lega Calcio, è la terza giornata di campionato. Per i tifosi, qualcosa di più. Diciamolo, perchè va detto: Inter-Juventus non è una partita qualunque. Non lo era prima del , non lo è adesso. Raccontare quello che è stato, l’epoca di Luciano Moggi, il fallo da rigore di Iuliano su Ronaldo, Calciopoli, lo scudetto a tavolino e la retrocessione d’ufficio, richiederebbe ora troppo tempo. Perciò, ci limitiamo qui ad un’analisi di quello che la sfida di San Siro rappresenta al momento per i bianconeri. Cioè, terza giornata della Serie A 2013/2014, pur tenendo conto del fatto che è il primo big match della stagione e un vero e proprio banco di prova. La Juventus ci arriva avendo vinto le tre partite precedenti: ha distrutto la Lazio in Supercoppa, ha battuto di misura la Sampdoria a Marassi, ha nuovamente demolito i biancocelesti allo Juventus Stadium. Due vittorie esterne su tre: un bel ruolino di marcia. Soprattutto, la consapevolezza di essere ancora la più forte, unita a quella che non basteranno i titoli dei giornali per vincere il terzo scudetto consecutivo. Lo sa Antonio Conte, lo sanno i giocatori, lo sanno i tifosi che ormai si sono abituati a una squadra vincente e non vogliono mollare la presa, perchè stare lassù è bello, e se si può farlo mentre gli altri (leggi: l’Inter) arrancano fuori dalle posizioni europee è ancora meglio. Le analisi tattiche sono importanti, ma innanzitutto questa è una partita che si vince sui nervi, e sulla voglia di fare il risultato. Lo scorso anno la Juventus era più forte dell’Inter anche a inizio novembre, eppure dopo il gol di Vidal credette di averla già in tasca e ne prese tre. Cedette di schianto: prima caduta dello Stadium, e imbattibilità chiusa a 49 partite, senza record. Eppure, senza andare a guardare quello che accadde ad Appiano Gentile, da quella sconfitta bruciante i bianconeri trassero la consapevolezza di dover tornare in trincea con il coltello tra i denti, e misero in piedi una striscia vincente che ammazzò il campionato. Non senza qualche incidente di percorso: a ridosso di quella sconfitta, la banda Conte cadde contro Milan e Sampdoria, e pareggiò con Lazio e Parma. Poi, non si voltò più indietro. Come dire: le sconfitte non sono necessariamente una catastrofe. Inter-Juventus di questo fine settimana è una possibilità: quella di dare un segnale ai rivali, perchè significherebbe staccarli già di tre punti (non sono nulla a metà settembre, eppure sono qualcosa); quella di ripristinare la legge del più forte, perchè sarebbe una vittoria su un campo difficile; quella di instillare dubbi in una squadra che la Juventus teme. La teme, perchè Conte ha visto all’opera Walter Mazzarri a Napoli e sa di cosa è capace. Contro il livornese, al San Paolo, il salentino non ha mai vinto: due pareggi, uno rimontando da 0-2 e 1-3, l’altro in una partita spigolosa nella quale i bianconeri rischiarono qualcosa. La nuova Inter è partita di slancio: due vittorie, cinque gol segnati, nessuno subito. Presto per dire se durerà, ma Conte è uomo di calcio e sa perfettamente che questi nerazzurri somigliano tanto alla sua squadra del , quella che non aveva le coppe, arrivava da due stagioni orribili e non partiva certo favorita. Per questo Inter-Juventus è da vincere: non tanto per la classifica, non tanto per “vendicare Calciopoli” (diciamolo: ormai è tema superato, se non altro perchè sono passati troppi anni, e casomai la vendetta è arrivata con quel 2-1 della vigilia di Pasqua 2008 e con i due scudetti); Inter-Juventus è da vincere per dare un segnale, per ridimensionare gli avversari, per stabilire quelle che sono le gerarchie. E poi, vincere vorrebbe dire aver preso la quarta vittoria in quattro partite, ancora una volta su un campo ostico: un segnale forte a tutta la Serie A. “Se volete vincere lo scudetto, dovete batterci”: questo il messaggio che Antonio Conte vuole lanciare. Per questo Mirko Vucinic sarà in campo anche a mezzo servizio: non si fanno sconti, non in una partita come questa. Conte va in battaglia con i suoi uomini: Quagliarella e soprattutto Llorente avranno le loro possibilità, ma non saranno adesso.
(Claudio Franceschini)