Il Napoli e Marek Hamsik proseguiranno insieme la loro avventura. Il rinnovo dello slovacco è praticamente ufficiale: ne sono sicuri i colleghi di Sky Sport 24, che hanno diffuso per primi la notizia. Il centrocampista, classe 1987, si è recato stamane al centro sportivo di Castel Volturno assieme al suo agente Venglos per mettere nero su bianco: il prezioso ‘autografo’ del giocatore ha sancito il prolungamento del contratto fino al 2016 (l’accordo precedente scadeva nel 2013). Una bella notizia, dunque, per l’ambiente azzurro, a dimostrazione che la società non ha alcuna intenzione di smobilitare. In quella maledetta notte di Stamford Bridge, il Progetto Napoli è sembrato barcollare, se non addirittura arrestarsi. La squadra, pur volitiva e apprezzabile sotto alcuni punti di vista, palesò nell’occasione dei forti limiti caratteriali, tanto da spingere da più parti il patron De Laurentiis ad effettuare ulteriori investimenti. A questo Napoli – è stata la tesi più o meno condivisa da tutti – mancano giocatori di esperienza, abituati a certe sfide ad alta quota. Per far questo, però, bisogna alzare l’asticella degli ingaggi ed eliminare il paletto dei diritti di immagine, altrimenti grossi giocatori sarà difficile vederli in azzurro. Con il rinnovo di Hamsik, ad ogni modo, De Laurentiis ha voluto inviare un segnale. La squadra continuerà a crescere passo dopo passo e soprattutto non ha alcuna intenzione di vendere nè tantomeno svendere i propri gioielli. Tra questi va annoverato sicuramente il talento slovacco, che però quest’anno ha deluso parecchio le attese. Dei cosiddetti tre tenori, è stato di gran lunga il meno brillante. I gol, tutto sommato, non sono mancati (7 in campionato e 2 in Champions), ma sono state le prestazioni ad essere spesso insufficienti. Intendiamoci, Hamsik ci ha abituati alla sua discontinuità, ma in questa stagione l’altalena di rendimento è stata praticamente la regola. Con più ombre che luci, possiamo dire. E pensare che qualche anno fa il ragazzo fu paragonato ad un certo Nedved. Anzi, fu lo stesso campione ceco a designarlo come proprio erede. Non ci siamo, invece, soprattutto sotto il profilo della personalità. Pavel giocava col sacro furore, sempre e dovunque. Era forse un po’ meno tecnico, sicuramente meno elegante, ma dava l’anima in campo.
Con Marek, invece, siamo dinanzi ad un altro tipo di giocatore. Che quest’anno doveva fare il salto di qualità. Doveva, appunto, ma è rimasto sulla carta…