La revisione della legge Melandri è una storica occasione per proteggere il vivaio in un Paese dove i calciatori italiani sono a rischio estinzione
Il mio appello a imporre dazi trumpiani ai club che non schierassero calciatori italiani (per indurli a farlo), pensavo cadesse nel vuoto assoluto. Un fioco lumicino di speranza si è acceso invece intorno a un progetto del nostro Governo che miracolosamente potrebbe (il condizionale è molto d’obbligo) andare proprio in questa direzione, leggasi riforma della legge Melandri che dal 2008 regola il riparto dei diritti televisivi del calcio professionistico a vendita centralizzata.
In questo progetto qualcuno spinge perché il 22% dei proventi della vendita dei diritti TV, 200 milioni circa, debba ricadere su chi promuove in campo e nel settore giovanile il made in Italy. Dopo i fallimenti di Ventura, Mancini e Spalletti finalmente forse qualcosa si muove? Ci credo poco, ma aspettiamo di vedere nero su bianco prima di sentenziare.
Ho spiegato altrove che il mazzo di qualità da cui è costretto a pescare un c.t. italiano per scegliere i 20 giocatori di movimento (che abbiano messo insieme almeno una ventina di presenze stagionali da titolare nelle prime dieci squadre di serie A o di campionati top stranieri) non arrivi a essere un mazzo da scopa d’assi, cioè inferiore a 40 carte…
E visto che i club si disinteressano delle sorti della nostra Nazionale, ancor più perché di proprietà non italiana (tra i primi dieci club di serie A, solo il Napoli non ha un padrone straniero), tocchiamoli allora nel portafoglio, non solo sui diritti TV ma anche sugli sgravi fiscali che loro pretendono per costruire gli stadi! E inoltre si imiti il Governo inglese, che nega il permesso di lavoro ai calciatori stranieri che non rispondano ad alcuni parametri di qualità.
Ovviamente la Lega calcio di serie A fa muro preventivo, spalleggiata dai media sportivi, che da sempre fungono da suo house organ, salvo poi scandalizzarsi che rischiamo per la terza volta consecutiva di non andare a un Mondiale. Anche i dilettanti ci mettono del loro abolendo nella prossima stagione l’obbligo di schierare un certo numero di under nei campionati d’Eccellenza e Promozione.
Lo scetticismo è alimentato soprattutto dal penoso contesto in cui avviene questa revisione della Legge Melandri, condizionato dalle lobby delle scommesse, che hanno ottenuto di abolire la proibizione di una loro esplicita sponsorizzazione del calcio professionistico, tipo logo sulle magliette dei club. E pazienza se il via libera avverrà dopo dodici mesi in cui l’Inter – incurante del divieto – ha potuto sfoggiare impunemente il logo Betsson sulla casacca, oddio senza troppa fortuna, visto il triniente. La stessa malasorte in cui incappò a Istanbul quando nella finale europea contro il City pensò bene di designare capitano (avrebbe dovuto alzare lui la Coppa dei campioni in mondovisione) uno che aveva tatuato sul collo una… bomba. Grammatica del Destino!
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.