Il calo demografico nei prossimi anni ci farà perdere circa 5 milioni di lavoratori: secondo le stime da qui al 2040 perderemo lo 0,67% del PIL all'anno
In un contesto in cui il calo demografico in Italia sembra essere una delle pochissime certezze sociali, aumentano gli allarmi lanciati dagli enti nazionali e internazionali che certificano (o meglio, stimano) l’impatto economico che avrà la netta riduzione di nuovi nati quando questi diventeranno adulti in età lavorativa, incaricati di sostenere la spesa del welfare per le fasce d’età più deboli e – forse soprattutto – di produrre ricchezza.
Partendo dai dati nudi e crudi, attualmente il calo demografico ha fatto sì che lo scorso anno siano nati solamente pochi meno di 370mila bambini, in netta – ed evidente – diminuzione rispetto ai pochi più di 420mila che si sono registrati solamente cinque anni prima, nel 2019: attualmente il tasso di fecondità in Italia è pari ad appena 1,18 figli per donna (rispetto al 2,2 medio dell’intero pianeta) e senza interventi già nel 2050 la popolazione generale si ridurrà di circa 4,2 milioni di persone, per poi passare all’impietoso dato di 46,1 milioni nel 2080.
L’effetto chiaro del calo demografico – e lo testimonia anche, per esempio, il fatto che il prossimo anno scolastico ci saranno circa 134mila studenti in meno iscritti alle scuole di ogni ordine e grado – è che se nel 2023 c’erano 3 persone in età lavorativa ogni 2 anziani o bambini sotto i 14 anni; già nel 2050 il rapporto sarà di uno a uno con la popolazione over 65 che rappresenterà più del 34% della popolazione generale e già oggi il numero di anziani supera quello di (potenziali) lavoratori di 4 milioni di unità.
Gli effetti economici del calo demografico: la spesa per il welfare rispetto al PIL passerà al 25,1%
Venendo all’aspetto più interessante e impattante degli effetti del calo demografico, secondo le stime più recenti entro il 2040 avremo un totale di 5 milioni di lavoratori in meno rispetto alla situazione attuale con la Banca d’Italia che già parla di una riduzione complessiva della produttività pari all’11% del totale con una riduzione annuale del PIL stimata all’OCSE a 0,67 punti percentuali all’anno da qui al 2040: un dato – quest’ultimo – che risulta essere il secondo peggiore dell’intera area OCSE con la sola Grecia che farà peggio del bel paese.
A fronte di un calo demografico marcato che riduce la popolazione lavorativa e aumenta quella di anziani e pensionati, sempre secondo l’OCSE entro il 2060 arriveremo a una situazione in cui per sostenere la spesa di welfare di un singolo anziano serviranno 2,4 persone in età lavorativa.
In tal senso secondo l’UPB, entro il 2070 potremo assistere a una riduzione della spesa pensionistica rispetto al PIL di 1,9 punti percentuali (dato falsamente positivo perché collegato a un aumento dell’età pensionistica) e a un contestuale aumento della spesa sanitaria (0,1% in più) e di quella per la long-term care (0,5% in più); il tutto per una spesa complessiva del PIL che sarà – entro il 2043, secondo il MEF – pari al 25,1% del PIL.