Queste parole del Ministro dell’Economia, On. Giancarlo Giorgetti, dovrebbero far ben sperare in tema di politiche familiari: “Nel prossimo futuro, un approccio strutturale, integrato e lungimirante deve continuare a promuovere la semplificazione e la razionalizzazione delle misure esistenti a favore delle famiglie, a integrare le politiche fiscali e le politiche di spesa, in particolare per sostenere la genitorialità e la cura, e a valutare sistematicamente l’impatto redistributivo delle misure, con attenzione agli effetti su natalità, povertà minorile e occupazione femminile”. Si tratta di una delle parti più significative – ed impegnative – della recente audizione del Ministro alla Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica in atto, all’interno di un ciclo di audizioni che ha interpellato i più rilevanti enti pubblici di ricerca e di rappresentanza istituzionale.
La Commissione si era insediata l’11 febbraio di questo stesso anno, [qui tutti i membri] ed è presieduta da Elena Bonetti, già Ministro della famiglia e prima firmataria della proposta della Commissione, che era stata approvata il 31 luglio 2024 alla Camera con un sostanziale accordo tra tutti i partiti. E già questi due passaggi evidenziano alcune caratteristiche irrinunciabili per politiche per la famiglia adeguate, efficaci e credibili: da un lato, nelle dichiarazioni del ministro, l’idea che le politiche familiari devono essere multidimensionali, dal fisco ai servizi, sensibili alle esigenze specifiche di donne e minori, e con una forte attenzione all’impatto di ogni misura sulle varie condizioni e forme familiari; dall’altro, nell’approvazione bipartisan in Parlamento, che la “vertenza famiglia” può superare le frammentazioni e le ideologie, e diventare davvero una questione di bene comune, per l’interesse generale del Paese: né di destra né di sinistra, ma di tutti.
In questo la Commissione sulla transizione demografica svolge un ruolo sicuramente prezioso, perché offre un tavolo di confronto tra tutte le parti politiche, in dialogo con la società (nelle varie audizioni), con il “compito di indagare sui fenomeni connessi ai mutamenti e alla prospettiva demografica del Paese” (decreto istitutivo del luglio 2024); al termine di tale lavoro la Commissione “riferisce alla Camera circa i risultati della propria attività e può formulare osservazioni e proposte sugli effetti, sui limiti e sull’eventuale necessità di adeguamento della legislazione vigente, anche redigendo un documento di sintesi sulla situazione demografica del Paese e sui processi di cambiamento che lo interessano”.
Un lavoro importante, una assunzione di responsabilità da parte del Parlamento, e soprattutto una grande occasione per raccogliere notizie, dati, proposte, progetti, impegni politici. Anche la relazione del Ministro Giorgetti dedica ampio spazio all’analisi dei dati e alle prospettive future, ma questa forse è la parte meno interessante. La Commissione ha già ascoltato, da aprile ad oggi, Istat, Censis, il Centro Studi della Banca d’Italia, e molti altri enti ed esperti, e sicuramente il vero problema, in tema di emergenza demografica, non è la conoscenza della realtà e le possibili conseguenze della situazione attuale, su cui sono state già riempite migliaia di pagine. Ciò che sarà decisivo, invece, sarà la selezione delle priorità operative, e l’impegno politico ad essa conseguente.
In questo senso la relazione del Ministro dell’economia è interessante perché sottolinea l’effetto a cascata che i mutamenti demografici generano sul sistema economico nel suo complesso. Con le sue parole, un primo nodo “attiene al fatto che il fattore “ageing” rileva in modo significativo nelle valutazioni sulla sostenibilità e sul rischio del debito pubblico formulate dalle organizzazioni internazionali e dalla Commissione Europea, nonché dalle società di rating”. In altre parole, i margini di manovra delle nostre politiche economiche pubbliche (su ogni scelta!) sono già oggi pesantemente condizionati (e limitati) a livello internazionale dal quadro demografico – e in particolare dal crescente invecchiamento della popolazione. Un secondo nodo rimanda all’impatto dell’evoluzione demografica sui margini di manovra della spesa pubblica: “i fattori demografici influenzano in misura rilevante la dinamica dei saldi di finanza pubblica e del debito pubblico. I fenomeni demografici agiscono su molteplici canali; in particolare: (i) influenzano la produttività aggregata, (ii) la dinamica della forza lavoro, (iii) la pressione sul sistema previdenziale e (iv) il fabbisogno di servizi pubblici fondamentali, generando ricadute che richiedono un continuo aggiornamento dei modelli previsionali e degli strumenti di bilancio”. In altre parole, l’evoluzione demografica diventa un vincolo e un limite, anziché una opportunità e una risorsa per i fattori di generazione (e distribuzione) della ricchezza complessiva del Paese.
In questo scenario, al di là della mappa dei singoli interventi promossi dal Governo (precisati comunque nel testo dell’audizione), appare sicuramente importante, nelle parole del Ministro Giorgetti, che “la consapevolezza della rilevanza sistemica della transizione demografica, nel più generale contesto dei profondi cambiamenti in atto a livello globale, ha fatto da sfondo alla costruzione del Piano strutturale di bilancio di medio termine [2025-2029], presentato alle Camere lo scorso autunno e approvato dal Consiglio dell’Unione europea a gennaio dell’anno in corso. In tale quadro, il Piano ha introdotto una novità sostanziale: la variabile demografica è stata formalmente riconosciuta come uno dei principali fattori di rischio macro-strutturale e, al tempo stesso, come parametro strategico di indirizzo per l’azione pubblica. L’inserimento di tale dimensione non è stato meramente descrittivo o tecnico-statistico, bensì ha comportato un cambio di prospettiva nella definizione delle priorità: l’equilibrio demografico è stato trattato come condizione necessaria per la tenuta del sistema produttivo, la sostenibilità del debito pubblico, l’efficacia del welfare e la coesione territoriale”.
Confidiamo che questa centralità del quadro demografico– che poi significa le scelte delle famiglie e dei giovani! –, affermata ed argomentata dal Ministro dell’Economia, da chi tiene, cioè, “i cordoni della borsa”, sia mantenuta presente e resa efficace non tanto e non solo nell’audizione parlamentare, ma soprattutto nel lavoro quotidiano e nelle scelte di impegno economico del Consiglio dei Ministri – perché i progetti di vita delle famiglie italiane rimangano priorità permanente nell’agenda del Paese.
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