C’è un mandato di arresto contro il presidente della Repubblica Srpska (Repubblica Serba di Bosnia ed Erzegovina), Milorad Dodik, condannato a un anno per avere limitato nei suoi territori l’applicazione della legislazione della Bosnia, Paese di cui l’entità serba costituisce uno dei due polmoni insieme alla Federazione croato-musulmana.
Un mandato che potrebbe aggravare l’instabilità di uno Stato in cui la povertà, la disoccupazione e la corruzione la fanno da padrone.
Non si rischia una guerra civile, osserva Azra Nuhefendic, giornalista e scrittrice bosniaca, collaboratrice del quotidiano di Trieste Il Piccolo, anche se potrebbero esserci degli incidenti o scontri. Resta il problema di un Paese (la Bosnia) in crisi e che di certo non verrà aiutato a risollevarsi da questa vicenda. Dodik vuole l’annessione alla Serbia, ma non la avrà. Come il presidente serbo Vucic, sperava nell’intervento di Trump, che però si è limitato a inviare il figlio a Belgrado per trattare alcuni affari.
Continuano, intanto, le proteste nella capitale serba contro Vucic, ma l’opposizione non è abbastanza organizzata per costruire un’alternativa. Il presidente, d’altra parte, gode dell’appoggio anche della UE, nella quale la Serbia vuole entrare nonostante i suoi stretti legami con la Russia e con Putin. E ha dalla sua parte tutti i media.
Che rischio corre la Bosnia, e che conseguenze può avere il mandato di arresto nei confronti di Dodik?
Il provvedimento dovrebbe portare effettivamente a un arresto. Il presidente serbo Vucic, che usa la situazione in Bosnia per allontanare l’attenzione da quello che sta succedendo in Serbia, dove subisce la contestazione della piazza, dice che l’eventuale arresto di Dodik e di altri che sono stati accusati con lui potrebbe comportare gravi problemi. Io, personalmente, non lo credo. Penso che i serbi e i croati in Bosnia siano stufi di questo conflitto che cova sotto la cenere.
Anche i serbo-bosniaci?
Sì. In questo momento l’opposizione dei serbo-bosniaci è contro Dodik, perché quello che sta facendo peggiora solo la situazione in Bosnia, un Paese in cui c’è povertà, corruzione, disperazione, disoccupazione, in cui non c’è futuro, i giovani se ne vanno e la natalità è sottozero. Questo vale per tutti. In un contesto del genere, Dodik si difende dicendo che tutto quello che si fa contro di lui in realtà è contro la Repubblica Srpska, contro i serbi, ma non è vero. Credo che tutto questo possa solo prolungare una crisi che è già molto profonda.
La comunità internazionale, di fronte a questo, non dice niente?
EUROFOR (che agisce su mandato dell’ONU) si è rafforzata, si fa vedere per le strade, gli aerei sorvolano le città, ma, come è stato riferito a Vucic, non interverrà per arrestare Dodik: questo vuol dire che dovranno farlo le istituzioni bosniache. E qui si pone il problema.
Queste istituzioni non sono abbastanza forti da eseguire un mandato di arresto nei suoi confronti?
Dodik, con le istituzioni della Bosnia-Erzegovina, a livello statale, sta facendo come i serbo-bosniaci all’inizio della guerra negli anni 90: esercita pressioni sui serbi che lavorano a livello nazionale per farli rinunciare al posto di lavoro e tornare a fare non si sa cosa nella Repubblica Srpska. Una strategia pericolosa, perché senza i serbo-bosniaci le istituzioni non possono funzionare.
Trent’anni fa, durante la guerra, uno dei teorici del conflitto, il docente di storia Milorad Ekmecic, serbo-bosniaco, diceva che bisognava aspettare che cambiasse la situazione internazionale per tentare di ottenere quello che i serbi avevano perseguito con le armi, i cannoni, i carri armati: la dissoluzione della Bosnia. Ora neanche i croato-bosniaci sono dalla parte di Dodik: Dragan Covic, presidente del partito HDZ, ha detto che quello che sta facendo non si può tollerare.
Alla fine, Dodik verrà arrestato? E cosa potrà succedere se verrà eseguito il mandato della magistratura?
Potrebbe succedere qualche incidente, ma non certo una guerra civile: nessuna delle due parti ha armi o esercito. La Repubblica Srpska si è indebitata fino al collo e, per risolvere la situazione, vuole creare uno Stato nello Stato, per vendere la terra, le foreste, le miniere.
Nel frattempo, però, la gente campa senza diritti, senza alcun sistema, né scolastico, né sociale, né politico che aiuti i cittadini. Il Paese è guidato dai politici che sono usciti dalla guerra, nessuno dei quali ha combattuto al fronte. Si sono arricchiti e sono tornati una volta terminato il conflitto. E da trent’anni siamo sotto la loro occupazione.
Ma qual è l’obiettivo di Dodik? La secessione con l’annessione alla Serbia?
Ogni giorno dichiara che i serbo-bosniaci sono un unico popolo con i serbi di Belgrado e che l’obiettivo è di unirsi a loro. Per adesso non può succedere: sia Dodik che Vucic speravano che Trump intervenisse in loro favore, ma da Washington è arrivato un no.
Il figlio di Trump, però, si è recato in visita in Serbia. Per quale motivo?
Era una visita d’affari. Il presidente Vucic ha venduto due palazzi nel centro di Belgrado che appartenevano all’ex esercito della Jugoslavia e che erano stati colpiti durante i bombardamenti della NATO. L’idea è di costruirci uno shopping center o progetti del genere.
In realtà, non sarebbero stati venduti neanche per guadagnarci, ma per fare un favore, come è successo per gli arabi, cui sono stati regalati i terreni per realizzare quello che viene considerato una sorta di progetto del secolo: “Belgrado sull’acqua”.
In questo contesto, in forza dei grandi legami tra Russia e Serbia, Putin può dire la sua?
Attraverso l’ambasciatore russo di Sarajevo ha preso le parti di Dodik, sostenendo anche lui che ciò che sta succedendo in realtà è contro la Repubblica Srpska e non contro il suo leader. Ma non è vero. Dodik dà anche la colpa di tutto agli accordi di Dayton, sostenendo che non funzionano.
In Serbia, invece, Vucic può rischiare di cadere? Le proteste di piazza possono sortire qualche effetto?
Il presidente serbo è un mentitore, dice il falso anche davanti a prove molto chiare. Durante le manifestazioni di Belgrado, dalla polizia sono stati utilizzati i cosiddetti cannoni sonori, per disperdere la folla con suoni fastidiosi.
Lui ha negato di avere a disposizione questo sistema, poi ha ammesso che gli agenti lo hanno in dotazione, ma non è stato usato: questo nonostante i filmati che dimostrano il contrario. Non cambierà. Per affrontare gli studenti che manifestavano pacificamente, ha portato gente che si era macchiata di crimini di guerra negli anni 90.
Rimarrà dov’è o c’è la possibilità di un cambio della guardia?
Purtroppo, Vucic è sostenuto dall’Europa: la von der Leyen, alcuni mesi fa, è arrivata a Belgrado e ha sostenuto che sta facendo bene. Il ministro degli Esteri italiano, Tajani, ha fatto lo stesso. Di mezzo ci sono gli affari, come sempre.
Purtroppo, però, l’opposizione è disunita. E poi Vucic, come Dodik, controlla tutti i media. Appare in Tv anche due o tre volte al giorno. Gli studenti sono andati a protestare anche contro la televisione della Serbia. I giovani si informano anche sui social, ma non la gente che vota Vucic, soprattutto i contadini o le persone che abitano nei luoghi più remoti.
(Paolo Rossetti)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.