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Home » Esteri » Africa » CAOS LIBIA/ “Dbeibah cadrà presto, l’Ue si appoggi subito a Usa e Turchia se vuol frenare i russi”

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CAOS LIBIA/ “Dbeibah cadrà presto, l’Ue si appoggi subito a Usa e Turchia se vuol frenare i russi”

Libia sempre più divisa: Tripoli cerca aiuto in Azerbaijan, Haftar in Egitto. La Ue per contrastare i russi deve appoggiarsi alla Turchia

Int. Mauro Indelicato
Pubblicato 27 Giugno 2025
Giorgia Meloni con Abdul Hamid Dbeibah a Tripoli nel gennaio 2023 (Ansa)

Giorgia Meloni con Abdul Hamid Dbeibah a Tripoli nel gennaio 2023 (Ansa)

Abdul Mohammed Dbeibah, leader del governo di Tripoli, cerca aiuto in Azerbaijan; Khalifa Haftar, leader della Cirenaica, in Egitto. La Libia, intanto, resta divisa e sempre più in preda dei russi. Una circostanza che preoccupa la UE, che però, spiega Mauro Indelicato, giornalista di Inside Over e Affari Italiani, non è in grado di incidere nella situazione libica e, per salvaguardare i propri interessi, deve chiedere aiuto agli USA e soprattutto alla Turchia, prima sostenitrice dell’esecutivo di Dbeibah.


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I turchi, però, mirano alle risorse energetiche del Paese e, per questo, potrebbero fare concorrenza a Paesi come l’Italia, che da decenni agiscono nell’area in questo settore.

L’unificazione del Paese, intanto, appare ancora lontana. La situazione più critica, in questo momento, è quella di Dbeibah, attaccato da alcune delle milizie che lo sostenevano: il suo potere non durerà molto, ma bisogna aspettare di trovare un sostituto per non destabilizzare ulteriormente la Libia.


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Il leader del governo di Tripoli, Dbeibah, chiede droni all’Azerbaijan, mentre il figlio di Haftar, Saddam, viene ricevuto dal capo di Stato maggiore dell’esercito egiziano, Ahmed Khalifa. Gli attori interessati al dossier libico sono sempre di più?

La richiesta d’aiuto di Dbeibah all’Azerbaijan da un lato sorprende, perché chiama in causa un nuovo attore nello scenario. Basta ricordare, però, che gli azeri sono alleati con la Turchia, dal 2019 principale alleata proprio di Tripoli. Turchi e azeri si considerano fratelli: l’Azerbaijan è turcofono quanto alla lingua e nella bandiera ha una banda rossa con una mezzaluna che richiama la bandiera turca. L’unica differenza è la religione: Ankara è sunnita, Baku sciita, anche se gli azeri sono molto secolarizzati e non fondano la loro identità sulla religione.


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Dbeibah ha chiamato a raccolta i fratelli del suo principale alleato. Ma per difendersi da chi?

Un mese fa, a Tripoli, sono scoppiati duri scontri tra le milizie che formalmente dovrebbero sostenere il governo. In realtà, costituiscono un fronte molto frammentato e Dbeibah, con le sue brigate, ha perso terreno, specialmente nei confronti della Rada, una delle milizie che si occupa di sicurezza, che appare meglio equipaggiata. La richiesta di droni agli azeri è motivata dalla necessità di garantire stabilità, passando dal rafforzamento delle sue dotazioni.

Dbeibah, al suo interno, deve guardarsi da alcune milizie, ma fuori dalla zona di Tripoli deve guardarsi sempre da Haftar. Perché la famiglia che controlla la Cirenaica ha preso contatti anche con l’Egitto?

Lo ha fatto in funzione del controllo dei propri confini, in questo caso quelli con l’Egitto, da sempre alleato di Haftar. L’incontro è servito ad accreditarsi ulteriormente agli occhi di Al Sisi e degli Emirati Arabi Uniti, che hanno legami con la Cirenaica come con gli egiziani.

I leader UE si stanno confrontando sulla situazione in Libia: hanno paura dei migranti o dell’espansione dell’influenza russa?

Sono preoccupati soprattutto della presenza russa. La NATO guarda al fronte orientale e dice che vuole contenere la Russia, poi però ci si accorge che Mosca ha messo gli scarponi in Libia, a non più di mille chilometri da Sigonella. Caduto il regime in Siria, Putin ha obbligato Haftar a diventare l’Assad libico: grazie a lui vuole consolidare la sua presenza, indispensabile per restare nel Mediterraneo e nell’Africa subsahariana, dove la Russia ha molti interessi economici e politici. Ex miliziani della Wagner e contractor russi di vario tipo stanno aiutando i governi di Mali, Burkina Faso, Repubblica Centrafricana, e collaborano con il Sudan. L’Europa, insomma, si è accorta che questa area può essere particolarmente insidiosa in funzione geostrategica e geopolitica.

Ma qual è la risposta che ha in mente Bruxelles?

Temo che non abbia risposte pronte. Una risposta militare la vedo dura: sarebbe difficilmente spiegabile all’opinione pubblica, che già a malapena tollera l’aumento delle spese per la difesa. Può esserci una risposta politica, ma è da 14 anni, dalla caduta di Gheddafi, che l’Europa non riesce a trovare una soluzione ai problemi libici.

Quindi non si può fare niente?

L’unica possibilità è collaborare maggiormente con gli USA, anche loro preoccupati per la presenza massiccia russa, e fare sponda con la Turchia, che non è in rapporti conflittuali con la Russia, ma può contenere il suo espansionismo nel Paese. Fermo restando che la via maestra (ma più lunga) resta il ritorno alla stabilità della Libia nella sua interezza. La Turchia, pur sostenendo Dbeibah, ha ottimi rapporti con Khalifa Haftar: uno dei figli era a Istanbul a dicembre e i generali turchi si sono fatti immortalare in foto a Bengasi con Haftar stesso. Ankara ha molti interessi nella parte orientale della Libia, dove ci sono giacimenti inesplorati: le società turche che hanno trovato il petrolio in Somalia potrebbero operare anche lì. Ed è in Cirenaica la parte di mare che la Turchia vorrebbe agganciare alla sua zona economica esclusiva (ZEE), scavalcando la Grecia.

La Turchia, visto il suo interesse per l’energia, può essere un rivale degli interessi italiani?

La Libia è un mosaico in cui tutti gli elementi devono andare a incastrarsi. L’Europa non può far altro che collaborare con USA e Turchia, ma deve tutelare in autonomia i propri interessi, perché altrimenti rischia di essere sovrastata da altri attori internazionali. Il problema è che l’Europa è sempre stata molto distratta e oggi, a maggior ragione, si trova in difficoltà nel gestire la situazione.

La situazione adesso in Libia com’è? Dbeibah ha ancora possibilità di mantenere il suo potere oppure ormai la situazione gli è sfuggita di mano e per lui è solo questione di tempo?

Credo che sia solo questione di tempo. Quanto sarà lungo il periodo della sua permanenza dipenderà da cosa faranno gli altri attori interni ed esterni. Dbeibah ha provato un’azione di forza con le milizie che non gli è riuscita e non credo che i droni azeri gli basteranno per risollevarsi. Tutti, però, sanno che un nuovo colpo di mano in Libia farebbe cadere il Paese nel caos, perché non c’è un sostituto pronto di Dbeibah. Non ha il controllo completo di Tripoli e molte milizie a lui avverse sono più forti, ma viene mantenuto a galla perché la sua presenza dà una parvenza di stabilità. Ma solo in attesa di trovare un sostituto.

Haftar può essere l’unificatore del Paese?

No, molte milizie dell’Ovest sono contro di lui e poi ha più di 80 anni e il suo stato di salute non è ottimo.

(Paolo Rossetti)

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Tags: Vladimir Putin

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