Il covid è sotto controllo dal punto di vista sanitario ma è argomento di scontro politico dove è stato il pretesto per evitare un confronto sui contenuti

Nonostante le statistiche settimanali dell’Istituto Superiore di Sanità continuano a segnalare qualche caso di infezione, qualche altro di ricovero, e persino qualche decesso, la pandemia da Sars-CoV-2 si può considerare definitivamente conclusa nel nostro paese (anche se spesso vi sono segnali contrari e soprattutto molti casi infetti non entrano più nelle statistiche): meno casi di quelli che registriamo adesso mi sembra un obiettivo difficile da raggiungere e quindi dobbiamo abituarci all’idea che con un po’ di covid ci dovremo convivere negli anni a venire, salvo eventuali recrudescenze o nuovi avvii che nessuno è in grado di prevedere.



Messa in archivio la pandemia ha senso chiedersi se sono rimaste delle scorie, delle conseguenze. Le conseguenze sanitarie mi sembrano un po’ in “stand-by”: da tempo se ne parla, da tempo si discute di long covid (cioè effetti del virus a distanza) e si cerca di identificare eventuali segni e sintomi cercando di distinguerli da quelli di altre malattie, che spesso accompagnano i soggetti a prescindere dalle conseguenze dell’infezione. Lascio il compito tecnico agli esperti e mi limito a registrare che al momento le preoccupazioni maggiori mi sembra siano indirizzate alle conseguenze sui giovani, ed in particolare al malessere psichico che permane ancora oggi tra di loro e che può raggiungere aspetti estremi (omicidi, suicidi).



Diverse invece sono le scorie politiche che gli argomenti sanitari stanno facendo emergere e che mi sembrano evidenti negli esempi che seguono.

Il Piano Pandemico OMS

Come noto, nel mese di maggio alla 78° assemblea della Organizzazione Mondiale della Sanità l’Italia, nonostante dopo il covid sia stata una delle promotrici dell’iniziativa, si è astenuta sul nuovo accordo pandemico globale, che ha visto 124 voti favorevoli e 11 astenuti (tra cui, oltre all’Italia, Iran, Russia, Israele), adducendo come motivazione la necessità di tutelare la sovranità nazionale sulle questioni di salute pubblica. Non una sorpresa, a dire il vero, perché già alla discussione della bozza lo scorso anno il ministro Schillaci aveva presentato una serie di punti critici, ma una decisione sufficiente a provocare uno stracciamento di vesti (da parte della opposizione ma anche di una buona parte del mondo medico-scientifico) perché in tal modo il governo si accoderebbe a tesi negazioniste ed antiscientifiche isolando il paese.



Ora, a prescindere dal merito sul quale ci sarebbe molto da dire ma che tralascio, colpisce che su una questione di natura tecnica (accordo pandemico globale) gestita da un organismo che non dovrebbe avere colore politico (cioè l’OMS: ma è così?) si sia scatenata una querelle tipicamente partitica che ritengo non essere altro che il residuo, a parti invertite, essendo nel frattempo cambiato il governo, delle polemiche politiche che hanno caratterizzato la gestione (in particolare a livello centrale) dell’azione di contrasto alla pandemia da Sars-CoV-2.

La composizione del NITAG

Orazio Schillaci, ministro della Salute (Ansa)

Agli inizi di agosto il Ministro della Salute ha reso nota la nuova composizione del NITAG (Gruppo tecnico consultivo nazionale sulle vaccinazioni), un gruppo tecnico indipendente di esperti (così nel decreto di nomina) cui “sono affidati compiti di supporto tecnico alla definizione delle politiche vaccinali nazionali”. Ed anche in questo caso grande stracciamento di vesti per l’inserimento tra i 22 nominati di due medici (Paolo Bellavite, Eugenio Serravalle) ritenuti sostenitori di tesi no-vax, con un membro del NITAG che per questo motivo si è addirittura dimesso. Risultato: il Ministro ha revocato la nomina di tutti i membri. La mia riflessione è semplice: se Bellavite e Serravalle non sono esperti il ministro ha sbagliato (ma, certo a fronte di una brutta figura, bastava sostituirli), se invece sono esperti (così come sono considerati esperti gli altri 20 nominati) allora potevano stare nel NITAG. Con la revoca di tutti i membri il ministro ha compiuto un secondo e più importante errore, perché ha mandato il chiaro messaggio che il NITAG è un organo solo apparentemente tecnico e indipendente ma che in realtà risponde innanzitutto alla politica, peggio ancora se alla politica partitica.

La commissione covid

Nel periodo pandemico è sempre stata molto accesa la discussione attorno alle ragioni che portavano il governo di allora (governo Conte, ministro Speranza) a prendere delle decisioni per contrastare la diffusione del virus: c’erano posizioni e visioni molto diverse. Anche con un’esposizione mediatica forte di persone come il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, il presidente del Consiglio Superiore di Sanità, e altri esperti, il governo ha sempre sostenuto l’idea che le decisioni che venivano prese di volta in volta (dal lockdown alle mascherine, dal green pass alle vaccinazioni) non erano, come alcuni obiettavano, decisioni politiche ma piuttosto ciò che consigliava la scienza.

In verità già allora non sembrava tutto così semplice, lineare, e scientifico, soprattutto se si guardava anche fuori dal nostro paese, dove si vedevano azioni e decisioni del tutto differenti, ma il diktat “lo dice la scienza” è sempre risultato un muro insormontabile: chi non è d’accordo è antiscientifico è l’argomento principale che veniva usato per coprire decisioni di natura prettamente politica (e gli esempi specifici sono molti, senza farsi attrarre dalle attuali polemiche sul contenuto delle audizioni desecretate della commissione parlamentare). Per altro, dopo un periodo in cui i toni sono stati certamente abbassati, sono proprio di questi giorni alcune nuove esternazioni (e non sembrano dei tentativi di togliersi dei sassolini dalle scarpe) di funzionari ministeriali apicali dell’epoca che lamentano come la politica di governo, soprattutto all’inizio, sia stata poco sensibile ed attenta a seguire i consigli tecnici che le venivano forniti.

Tre esempi, ma si potrebbe continuare, di come il virus Sars-CoV-2, oltre alle conseguenze sanitarie qui non discusse, ha lasciato scorie che stanno intervenendo sulle attività del periodo post-pandemico, a dimostrazione di come sia facile che la politica dei partiti si sostituisca alla politica sanitaria.

 

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