Governo Meloni alla conta in Consiglio dei ministri su una questione che avrebbe tempi lunghi ma che evidentemente il partito della premier vuole blindare subito. Il caso riguarda il terzo mandato dei governatori regionali. Una recente sentenza della Corte costituzionale ha bocciato la legge della regione Campania voluta dal presidente democratico Vincenzo De Luca. Il pronunciamento riguarda la legislazione di una regione a statuto ordinario. E quelle a statuto speciale?
Qui si apre il contenzioso, che ha ragioni di equilibri politici prima che di coerenza legislativa. Equilibri interni alla maggioranza, in particolare tra Fratelli d’Italia da una parte e Lega dall’altra. La Lega infatti ha due governatori del Nord (Massimiliano Fedriga in Friuli-Venezia Giulia e Maurizio Fugatti in Trentino) al secondo mandato e in cerca del terzo, anche se le elezioni sono lontane (2028). Dopo un’intervista del ministro dei Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani (FdI), gli assessori di Lega e Forza Italia che sostengono Fedriga si sono dimessi, aprendo di fatto la crisi. Rivendicano il diritto delle regioni autonome a una maggiore libertà nelle discipline elettorali rispetto ai paletti fatti valere dal partito di maggioranza.
Anziché gettare acqua sul fuoco, Fratelli d’Italia ha spinto sull’acceleratore. Ieri, infatti, il Cdm ha deciso a maggioranza (con il voto contrario dei leghisti) di impugnare davanti alla Consulta la legge elettorale del Trentino, che un mese fa ha reso possibile il terzo mandato consecutivo per il presidente. E qui è scoppiato un secondo caso, perché due dei quattro consiglieri FdI della Provincia autonoma hanno annunciato l’uscita dal partito. In Cdm la Lega si è opposta per evitare che l’impugnazione crei un precedente anche per il Friuli VG.
La decisione dei meloniani ha una spiegazione chiara: bloccare l’eventuale rielezione degli attuali governatori leghisti, che hanno la riconferma in tasca visto il gradimento del rispettivo elettorato (in base a un recente sondaggio Fedriga è il secondo governatore italiano più apprezzato), e andare alla trattativa con il partito di Salvini per strappare almeno una candidatura. Questa strategia della tensione non è finalizzata semplicemente alla conquista di Friuli e Trentino ma mira a riaprire i giochi su Veneto e Lombardia: Si preannuncia una partita lunga e decisiva che potrebbe mettere a dura prova la solidità della coalizione di centrodestra. La Lega, tramite Salvini, ha risposto a questi attacchi indiretti abbassando i toni e derubricando l’operazione a “questioni locali”.
Difficile dire ora come si risolverà il contenzioso nelle due regioni a statuto speciale. Bisogna però osservare che l’operazione meloniana nasce già zoppa, viste le divisioni createsi localmente all’interno stesso del partito. I politici che operano sul territorio sanno di poter contare su un elettorato preciso, di cui esprimono le istanze e rappresentano il consenso in un modo ormai sconosciuto al livello nazionale – “romano” – del partito. E questo vale sicuramente per tutte le formazioni politiche, dal Pd a FdI. Chi glielo fa fare di allontanarsi dai territori, per rischiare (se va bene) l’incertezza di una candidatura nazionale o di un’altra anonima “poltrona”?
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