Non è purtroppo la prima volta che nelle carceri italiani si assiste a violenze e risse come avvenuto a Parma nelle scorse ore: tra le aggressioni agli agenti in un caso, e le vessazioni e pestaggi di alcuni indegni rappresentanti delle forze dell’ordine contro gli stessi detenuti, il sistema carceri vive anni – non mesi – di estrema emergenza che finora nessuna riforma della giustizia è riuscita a sanare. Tornando alla cronaca fattuale, questa mattina nel padiglione di Alta Sicurezza del carcere di Via Burla a Parma è avvenuta un’aggressione da parte di un carcerato contro un agente del reparto e un altro ispettore intervenuto per cercare di sedare la rissa. Stando a quanto comunicato l’O.S.A.P.P. – Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria – il detenuto italiano mentre usciva dalla camera di pernottamento avrebbe aggredito l’agente con uno schiaffo potente sul volto; «interveniva anche l’ispettore responsabile del reparto il quale veniva anch’egli aggredito. Solo grazie l’intervento di altro personale di polizia è stato evitato il peggio. L’Agente e l’Ispettore hanno dovuto far ricorso alle cure mediche presso il nosocomio cittadino», spiega il comunicato del sindacato di Polizia, ‘stufo’ delle continue vessazioni che molti agenti subiscono in varie carceri italiane.
CARCERE DI PARMA, LA RISSA E LA PROTESTA DEL SINDACATO DI POLIZIA
«Bisogna smetterla con le continue aggressioni alla Polizia Penitenziaria, il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede intervenga prima che sia troppo tardi», lamenta Giuseppe Moretti, Presidente dell’Unione Sindacati di Polizia Penitenziaria (U.S.P.P.) in riferimento all’episodio di deliberata violenza stavolta accaduto nel carcere di Parma. Secondo il sindacato che cura gli interessi e le proteste dei singoli agenti, l’atto avvenuto a Parma – che per fortuna non ha avuto conseguenze gravi per gli agenti coinvolti – «destabilizza l’intero personale del Corpo e non solo dell’istituto emiliano. Prendere a schiaffi e aggredire se non beffeggiare il personale di Polizia Penitenziaria sembra sia diventato ormai lo sport preferito dalla popolazione detenuta e il nostro personale è stanco di subire passivamente situazioni del genere». Secondo l’U.S.P.P. servono misure tangibili che devono essere adottate prima che possano avvenire autentiche tragedie, o peggio «che qualche collega venga accusato ingiustamente di reazioni necessarie a sedare comportamenti altrimenti non gestibili». In conclusione, il sindacalista Moretti ribadisce «occorre definire protocollo operativi omogenei di intervento, trovare una collocazione idonea per i detenuti con problemi psichiatrici, dotare la Polizia Penitenziaria di strumenti adeguati a contrastare comportamenti illegali che spesso restano impuniti se non sotto l’aspetto disciplinare con esiti in questo caso del tutto ininfluenti rispetto al livello delinquenziale espresso da chi li commette». Per l’O.S.A.P.P. invece quanto avviene ogni giorno nelle carceri italiani «è un bollettino di guerra […]. Ormai sono conosciute le priorità delle Autorità Politiche, tutte, tranne la Polizia Penitenziaria, che nella sua quotidiana e silenziosa battaglia è costretta a svolgere, con una cronica carenza di uomini e mezzi, i propri compiti istituzionali».