Referendum 2025, Segretario di Stato Vaticano Card. Parolin spiega che non andrà a votare: il valore (da comprendere) dell'astensione e la spinta della CEI
VIGILIA DEI REFERENDUM ABROGATIVI CON IL “GELO” DAL VATICANO AL CENTROSINISTRA PRO-SÌ
Se la CGIL e il Partito Democratico continuano a spingere per andare alle urne domenica e lunedì a votare sui Referendum 2025 (tradendo un certo timore per un’affluenza bassa), hanno creato scalpore le dichiarazioni del Segretario di Stato in Vaticano, il cardinale Pietro Parolin, che candidamente ha spiegato che non andrà a votare l’8 e 9 giugno 2025 per i 5 quesiti referendari su lavoro e cittadinanza.
A domanda specifica rivoltagli dai giornalisti presenti all’evento di ieri a Roma (organizzato dalla Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, ndr), il Card. Parolin ha detto semplicemente che non si recherà nel proprio seggo in Veneto per votare i 5 referendum, aggiungendo come sia ormai molto tempo che non esercita più il suo diritto di voto. Da quando ha un incarico così di rilievo in Vaticano, conclude il porporato, «non ho più occasione di andare su» nel suo paesino a Schiavon, provincia di Vicenza.

Nel mare magnum di polemiche politiche di queste settimane con lo scontro tra chi invita a tutti i costi ad andare alle urne, parlando di “insulto alla democrazia” il ponderare la scelta dell’astensione, e chi invece ritiene faccia parte del diritto costituzionale la scelta di non votare (tra l’altro nell’istituto del Referendum dove il peso del quorum ha un valore così importante), la posizione espressa da Parolin non poteva che creare polemiche.
DA PAROLIN ALLA CEI, UN PROBLEMA DI “ASTENSIONE”
Eppure il tema, al di là della assoluta libertà di voto che deve rimane in ogni Stato democratico, non è da poco anche perché appena poche ore prima della risposta del Segretario di Stato in Vaticano, era stato il vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana ad invitare invece al voto per i 5 Referendum. Senza indicare una preferenza tra il Sì o il No, mons. Francesco Savino al termine del Consiglio Permanente della CEI ha diffuso una nota in cui invitare l’intero popolo italiano ad considerare l’occasione dei referendum.
«Non spetta a noi indicare come votare», premette l’arcivescovo di Cassano allo Ionio nella nota “Partecipare è custodire la democrazia”, salvo po aggiungere che ogni Referendum interpella la coscienza di cristiani e cittadini. La richiesta del n.2 della CEI è quella di non sottrarsi al voto, dato che l’astensione «è un silenzio che svuota la democrazia». Parole insomma molto nette e aspre, che sembrano portare all’esatto opposto della candida risposta del Card. Parolin.
Lo ribadiamo, l’assoluta libertà di voto (e anche di astensione) deve rimanere intatta e non può essere superata dalle singole polemiche su determinate scelte: ci limitiamo ad osservare però il rischio di mal interpretare il concetto stesso dell’astensione. Se infatti l’invito a considerare il voto come una scelta democratica ineludibile è centrale per le Elezioni locali o nazionali, sul referendum il senso dell’astensione ha in realtà un valore più recondito.

Come ha spiegato in esclusiva al “Sussidiario” il costituzionalista prof. Mario Esposito (Luiss di Roma), un conto è l’astensione alle Elezioni politiche, un altro il dissenso mostrato con l’astensione dai referendum: il valore giuridico dell’astensione nei voti referendari «arricchisce una delle vocazioni del referendum, ovvero l’emersione di opinioni e persino di soggetti politici diversi da quelli già presenti in Parlamento».