Un lungo dialogo tra Walter Veltroni e l’Arcivescovo di Bologna Cardinale Matteo Maria Zuppi sul Corriere della Sera mette a “nudo” la pandemia e le paure degli italiani, ragionando su come poterne uscire e soprattutto su come poter “cambiare” quanto invece finora non fatto. Sono parole di speranza quelle del Cardinale anche se non nascondono tutte le sconfitte che anche in questo lockdown l’uomo ha contribuito a “creare”: «Il mondo si è improvvisamente interconnesso, da monadi isolate siamo diventate cellule interdipendenti di un organismo unico. L’uomo planetario, fatto di sofferenza, relazione, speranza. Non è soltanto un problema di igiene, è anche una dimensione molto spirituale. E come tutte le cose spirituali deve essere molto concreta e fondata sulla relazione con gli altri. Lo spirituale è l’anima delle nostre relazioni e si nutre di esse, dà senso, linfa al nostro vivere sociale».
Il virus ha scatenato la paura dell’altro da sé e questo sta ampliando ancora di più le “differenze”, molto più del già peggiorato livello di povertà creato dalla crisi economica: «Non si può attribuire a Dio la responsabilità degli umani. Anche sul virus, un po’ di responsabilità ce la dobbiamo prendere», avverte Zuppi, rispolverando le presunte “colpe” che negli scorsi anni hanno aumentato il senso di distanza tra le persone e la Terra, ben prima del coronavirus.
CARDINALE ZUPPI: “BISOGNA TORNARE ALLA RELAZIONE
«Abbiamo sfruttato tutte le risorse, ambientali e umane, per edificare una società fragile e vorace. E non sappiamo unirci neanche di fronte alla più grande tragedia del nostro tempo. Soltanto insieme si può pensare di affrontare una sfida come questa. Ma anche in questi mesi, ovunque, hanno prevalso i protagonismi, le furbizie, le polemiche astiose, il piccolo cabotaggio. Costruiamo i muri, ma ovviamente i muri non ci difendono e il virus invisibile dilaga», spiega con nettezza l’arcivescovo di Bologna all’ex Segretario del Pd, aggiungendo come il coronavirus abbia di nuovo rimesso l’uomo di fronte al rapporto con la morte che fino ad oggi forse avevamo dimenticato-ignorato. «È la coscienza di un limite naturale, chi non lo affronta vive male, vive in maniera sconsiderata […] La nostra fede ci parla di un Dio che si è preso il virus della vita, perché, nascendo, ha accettato la vulnerabilità. È un Dio, non dimentichiamolo, crocefisso, che ci aiuta a vedere e sopportare le sofferenze. È un Dio che aiuta ad affrontare il male. Capisco, sento che non è un estraneo ma che è qui, vicino a me».
È bello il passaggio ricordato da Zuppi in merito al “dubbio” legato alla fede cristiana: «Viene spesso usata una frase: “Io non ci credo, ma mi manca tantissimo”. È una formulazione bellissima, che esprime l’umiltà del dubbio, il desiderio di ricerca. Il virus ci ha forse aiutato anche a porci le domande vere della vita. E della vita oltre la vita». Infine è importante il messaggio-appello lanciato dall’Arcivescovo e Cardinale non tanto a Veltroni ma all’intera comunità umana ferita di fronte alla pandemia: basta distanziamento sociale, c’è bisogno di tornare in relazione per riscoprirci “umani”, «Ma non mi spaventa il bisogno di socialità, semmai il suo contrario. Che l’isolamento ci possa convincere di poter fare a meno degli altri. Che l’isolamento diventi una patologia, come è. Finora è stato un modo per proteggerci, ma ora dobbiamo proteggerci dall’isolamento».