Zuppi: “Il Bologna? Come il Conclave”. Dalla vittoria in Coppa Italia all’elezione di Leone XIV: “In entrambi i casi ha vinto la squadra”
Il cardinale Matteo Maria Zuppi – arcivescovo di Bologna e presidente della CEI – ha scelto un’occasione densa di significato per rilasciare la prima intervista dopo l’elezione di Leone XIV, quella della vittoria del Bologna in Coppa Italia, celebrata dai tifosi rossoblù proprio a Roma, pochi giorni dopo il Conclave: Zuppi ha raccontato di non aver visto la partita per non lasciarsi coinvolgere troppo ma ha riconosciuto che l’emozione è stata fortissima, paragonando lo spirito collettivo dello stadio a quello della Cappella Sistina.
In entrambi i casi, ha spiegato “ha vinto la squadra” non l’individuo, non il singolo leader, ma il gruppo coeso, la comunità unita da uno scopo e a colpirlo è stata soprattutto la presenza di 30mila bolognesi a Roma e l’unità che si è creata anche con chi era rimasto in città, un’espressione – secondo lui – di fedeltà e condivisione che ha superato la semplice dimensione sportiva; l’arcivescovo ha elogiato l’atteggiamento di Vincenzo Italiano definendolo un allenatore che ha saputo trasmettere ai suoi giocatori l’importanza del gruppo e della speranza, indipendentemente dal risultato finale, un vero esempio di come si possa affrontare la sfida senza rinunciare all’umanità e al senso profondo dell’agire collettivo.
Zuppi ha poi ricordato la figura di Sinisa Mihajlovic (allenatore del Bologna scomparso nel 2022) che con la sua dignità e il coraggio mostrato nella malattia ha rappresentato una delle immagini più forti e autentiche del legame tra sport e vita: le sue lacrime – ha detto il cardinale – “sono state quelle degli eroi e degli uomini” capaci di trasmettere con un gesto silenzioso il valore dell’amore per la vita e della condivisione della sofferenza.
Il cardinale ha anche apprezzato lo stile discreto della proprietà, mettendo in evidenza il ruolo di Joey Saputo e il suo modo riservato di vivere il successo, senza clamore, con partecipazione e rispetto; in tutto ciò – ha aggiunto – si è percepito uno spirito di squadra che rispecchia quello della stessa Bologna, una città che – per Zuppi – ha saputo ritrovare la propria identità in una festa condivisa, senza protagonismi e senza eccessi.
Zuppi: “Il Conclave ci ha chiesto di guardare avanti come Chiesa e come comunità”
Nel secondo passaggio dell’intervista, il cardinale Zuppi ha voluto raccontare il significato profondo dei giorni del Conclave, vissuti in una dimensione di silenzio, emozione e responsabilità condivisa e quando si sono aperte le finestre su piazza San Pietro per annunciare al mondo l’elezione di Papa Leone XIV, Zuppi ha descritto un momento di intensa commozione: sospiri, lacrime, bellezza, parlando di una Chiesa che si è sentita unita nonostante la provenienza diversa dei cardinali riuniti nella Cappella Sistina, dall’Oceania all’Africa, fino alla Mongolia.
Questa diversità – secondo lui – non ha rappresentato una frammentazione ma un segno forte di coesione, proprio come in una squadra, la varietà ha contribuito a costruire un’unità concreta e visibile; il Conclave – ha detto – “è stato futuro” un’occasione per riflettere non solo sul presente della Chiesa, ma anche su ciò che essa è chiamata a diventare ovvero più vicina alla gente, capace di ascoltare e di proteggere, come ha sempre fatto Papa Francesco durante il suo pontificato.
Zuppi ha messo in luce l’eredità umana e pastorale lasciata da Francesco che ha scelto la via dell’umiltà, della presenza tra la gente, della concretezza citando le benedizioni Urbi et Orbi, le carezze ai bambini, i gesti quotidiani che hanno segnato un nuovo modo di intendere il servizio ecclesiale e ha riconosciuto che tutto ciò ha lasciato un’impronta profonda nei lavori del Conclave. Leone XIV – ha proseguito – si inserisce in questa scia e rappresenta un orizzonte che guarda avanti, è un richiamo alla responsabilità, alla fedeltà e alla necessità di camminare insieme.
Anche in questo contesto, Zuppi ha visto un legame simbolico con la vittoria del Bologna: una città che ha ritrovato il senso di comunità proprio quando ha smesso di aspettarsi un miracolo individuale puntando invece sull’unione di intenti e il nuovo pontefice – ha concluso – è il segno di una Chiesa che vuole continuare a essere un corpo vivo che cammina nel mondo come una squadra che condivide obiettivi, memoria e visione.