A una settimana dalla canonizzazione di Carlo Acutis – primo santo della generazione digitale – chi lo ha conosciuto smonta il cliché del “ragazzino perfetto” ed è proprio Suor Monica Ceroni – sua professoressa di religione alle Marcelline di Milano – a descriverlo così: “Era fuori dalle righe, un cercatore instancabile, non il classico bravo studente che ripete a pappagallo”.
Nelle pagelle – spiega – spiccava solo l’ottimo in religione, mentre altre materie oscillavano tra discreti e sufficienti: “Se la finale di Champions lo emozionava, studiava meno. Se un argomento lo appassionava, diventava un vulcano” afferma, delineando un ritratto lontano dall’agiografia.
Carlo Acutis amava i videogiochi, creava cartoni animati con cani parlanti e – come molti coetanei – si arrampicava sui vetri delle finestre durante le pause, ma in quel caos adolescenziale nascondeva una fede radicale: portava coperte ai senzatetto, aiutava compagni in difficoltà e sussurrava ai professori “Dio esiste, provatelo con la scienza”.
La sua santità – insomma – non è un manuale di regole, ma un mosaico di contraddizioni umane: “Non ostentava rosari o preghiere – continua la professoressa – viveva il Vangelo come un’avventura” e quando nel 2006, a 15 anni, una leucemia fulminante lo portò via in cinque giorni, la scuola scoprì che quel ragazzo “normale” aveva già scritto pagine straordinarie come cataloghi digitali sui miracoli eucaristici e tutorial per avvicinare i coetanei alla fede.
Oggi, mentre il Vaticano lo eleva agli altari, la sua storia interroga una Chiesa spesso incapace di parlare ai giovani: Carlo Acutis dimostra che la santità può indossare felpe e scarpe da ginnastica.
Carlo Acutis e la sfida ai millennials: “La fede è connessione, non tradizione”
“Aiutava i compagni disabili a fare i compiti, ma non per pietismo, voleva che scoprissero la loro grandezza” così Suor Monica svela un altro lato di Carlo Acutis: il talento nel trasformare la tecnologia in uno strumento di condivisione e mentre i coetanei postavano selfie, lui progettava siti web per raccontare i santi come influencer ante litteram. “Aveva capito che i miracoli non sono favole – spiega la professoressa – ma prove tangibili di un Dio che si nasconde nei dati, nelle connessioni, nelle domande aperte”.
La sua canonizzazione, il 27 aprile 2025 durante il Giubileo degli adolescenti, non è un punto d’arrivo, ma una provocazione: i due miracoli riconosciuti – la guarigione del piccolo Matheus in Brasile e quella di Valeria in Costa Rica – parlano di speranza per chi ha il suo stesso sguardo sul futuro.
“Carlo insegna che la santità non è per vecchi o asceti – conclude la professoressa di religione – ma per chi osa sporcarsi le mani nella realtà, anche con un joystick in mano” e al tempo TikTok e solitudini digitali, Carlo Acutis diventa così il patrono di una fede senza filtri: autentica, imperfetta, capace di accendere schermi e coscienze.