Nel corso dell’ultimo premier time alla Camera, Giorgia Meloni ha evidenziato che tra le priorità del suo Governo c’è quella di contrastare il caro energia; per questo sta lavorando a una diminuzione strutturale del prezzo dell’elettricità che penalizza le imprese italiane rispetto ai competitor europei. Da Confindustria, non a caso, è arrivato un apprezzamento per le parole della Premier, insieme alla richiesta di disaccoppiare il prezzo dell’energia elettrica da quello del gas. Oggi, infatti, il prezzo dell’elettricità è determinato dall’ultima unità di produzione necessaria per soddisfare la domanda, che di fatto in Italia proviene dalle centrali a gas.
Secondo Davide Tabarelli, Presidente di Nomisma Energia, «si possono varare, come in passato, delle misure contro il caro energia, ma non credo che si possa giungere ad apprezzabili risultati strutturali nell’arco di pochi anni».
Nemmeno tramite il disaccoppiamento del prezzo dell’elettricità da quello del gas?
Non penso che si possa pensare di vendere l’elettricità con canali e prezzi separati in base alla fonte di produzione. Il sistema elettrico, infatti, è unico.
Cosa bisogna fare, allora, per abbassare i prezzi dell’elettricità?
Come ci insegna la Cina o come ci insegnano gli Stati Uniti, se si vogliono ridurre i prezzi occorre aumentare i fattori produttivi di elettricità a costi contenuti. Se si pensa che siano le rinnovabili si segua quella strada, facendo, però, attenzione al fatto che il modello spagnolo è difficilmente replicabile, sia per le caratteristiche del territorio e del clima che per la presenza delle centrali nucleari, oltre che di quelle termoelettriche tradizionali.
La Commissione europea, intanto, ha presentato una roadmap per azzerare le importazioni di gas russo. Al contempo sembra che grandi fondi americani siano interessati ad acquisire quote delle società che gestiscono i gasdotti che trasportano gas russo in Europa. Cosa pensa di questa situazione?
Per la prima volta in quattro anni, da quando è iniziata la crisi energetica, sto dalla parte della Commissione europea: penso sia giusto, almeno finché ci sarà la guerra in Ucraina, smettere di importare gas dalla Russia, anche se questo comporterà dei problemi. L’importante è che ci si muova da subito per cercare di superarli. Poi i fondi americani facciano quello che vogliono.
Cosa occorre fare per non trovarsi in difficoltà senza gas russo?
Prima ancora di guardare al Gnl degli Usa o del Qatar, in Italia dovremmo guardare al Nord Africa. Non va dimenticato, per esempio, che continua a diminuire il gas in arrivo dalla Libia, che resta inferiore a un quarto della capacità del gasdotto Green Stream. Ma la cosa più importante sarebbe puntare sulla produzione nazionale: è assurdo dover pensare di prendere il gas dall’altra parte dell’Atlantico quando è sotto i nostri fondali.
Forse è questa la prima mossa da fare per abbassare i costi dell’energia?
Certamente. Il problema principale in tal senso è dato dalla posizione delle Regioni, che hanno competenza concorrente insieme allo Stato centrale in materia. E i veti locali, che sono trasversali agli schieramenti politici, continuano a bloccare ogni iniziativa diretta ad aumentare la produzione nazionale di idrocarburi.
Intanto il Ttf di Amsterdam, dopo i minimi dello scorso mese, ha ripreso a salire…
Il Ttf di Amsterdam sta anticipando le difficoltà che potrebbero esserci il prossimo inverno per via di un sistema rigido e tirato. Anche per questo in Italia dovremmo tenere aperte le centrali a carbone ancora attive e chiedere alla Germania di fare altrettanto, sperando che in tutta Europa non ci siano problemi di produzione di energia elettrica e di gas nei prossimi mesi, in modo che non si creino nuove tensioni sui prezzi in un momento chiave per il riempimento delle scorte.
(Lorenzo Torrisi)
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