“Fin dal nostro insediamento, ci siamo battuti in Europa per modificare la direttiva riguardante le case green. Continueremo a lavorare in questo senso”. L’impegno se lo è preso il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in una lettera inviata a Confedilizia in occasione della sua Conferenza organizzativa, tenuta a fine gennaio.
All’Unione Europea, infatti, non sono giunte solo richieste di modifica del Green Deal e della direttiva che prevede, dal 2035, la produzione esclusiva di auto elettriche, ma anche quelle relative alle case green e all’efficientamento energetico degli immobili. Per ora, comunque, questa istanza è in coda alle altre, non è stata ancora presa in considerazione, anche se, appunto, l’esecutivo italiano ha messo nella sua agenda anche questo tema.
In attesa che qualcosa si muova, i proprietari di case restano preoccupati per gli interventi che l’Europa vuole in relazione all’efficientamento energetico. “Chiediamo almeno un allungamento dei tempi – dice Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia – di diversi anni”. Nel merito, le cose da cambiare sarebbero comunque molte: l’auspicio è che se ne torni a parlare almeno entro quest’anno.
Presidente, si parla di modificare il Green Deal e la direttiva sulle auto elettriche. C’è qualcuno che pensa anche alle case green?
Di specifico non mi risulta che si stia muovendo qualcosa, però è un tema sempre presente, l’ha citato anche la presidente del Consiglio Meloni nel messaggio che ci ha inviato in occasione della nostra conferenza organizzativa. La direttiva è approvata. Il clima, tuttavia, è cambiato completamente. C’è un’urgenza maggiore ad affrontare il tema delle auto, perché ci sono scadenze dirette che riguardano le case automobilistiche.
Per le case green non c’è tutta questa fretta, infatti.
Durante l’iter della direttiva ne è stato attenuato l’impatto: ora c’è l’obbligo per gli Stati di raggiungere determinate riduzioni del consumo medio di energia, con un primo step al 2030. Per noi, comunque, rimane la necessità da un lato di modificare la direttiva, perlomeno spostando molto in avanti i termini stabiliti. Ridurre di un 16%, per esempio, nel 2030 rispetto al 2020 il consumo medio di energia in Italia è molto difficile.
Non si sa con quali soldi potrebbe essere realizzato, visto che sono crollate le detrazioni per gli interventi di risparmio energetico. Bisogna lavorarci: non mi risultano attività specifiche, ma c’è una rassicurazione da parte del Governo che si interverrà.
La richiesta minima, quindi, sarebbe quella di spostare le scadenze europee. Ma di quanto?
Senza dare numeri specifici, direi di diversi anni. Grazie a tutto il lavoro fatto in precedenza, non ci sono più gli obblighi pendenti sui proprietari che erano previsti in passato, ma un obbligo per gli Stati di ridurre complessivamente le emissioni legate agli immobili. Però certi traguardi sono più difficili da raggiungere per l’Italia rispetto ad altri Paesi. Anche il ministro dell’Ambiente, Pichetto Fratin, il giorno in cui è stata definita la direttiva UE ha detto che per noi non è affatto facile scendere del 16% in dieci anni.
Se dovessero essere assecondate le vostre richieste, però, come bisognerebbe intervenire, al di là dello spostamento dei termini?
Non pensiamo che avere emissioni zero nel 2050 possa essere un obiettivo. Non lo riteniamo possibile. Poiché il risparmio di energia da parte degli immobili, al di là di questi obiettivi di riduzione di CO2, è auspicabile, quello che si può fare attraverso la direttiva è aiutare i governi, anche con i soldi, a sostenere detrazioni, o comunque incentivi fiscali e non, per interventi di efficientamento energetico, optando per un provvedimento che non ponga obiettivi difficili da raggiungere, ma, appunto, incentivi i lavori.
Insomma, visto che la riduzione delle emissioni è comunque una buona cosa, la UE dovrebbe mettere a disposizione i fondi necessari perché i proprietari possano procedere in questo senso. Ma nel frattempo c’è una valutazione di quanto può incidere tutto questo sui costi che il proprietario di un immobile dovrebbe sostenere?
In questo momento non è possibile: non si sa se e come il governo italiano potrebbe eventualmente recepire questa direttiva. Potrebbe anche non recepirla e farsi sanzionare. Oppure dire che punterà a certi obiettivi incentivando e non imponendo. Se non facesse così, l’esecutivo si smentirebbe: dovrebbe intervenire cercando di evitare oneri per i cittadini.
Ma quando si comincerà a considerare anche questo dossier? Ci sono appuntamenti, scadenze in vista che ci si è dati per rimettere in discussione questa materia?
No. Noi ce ne interessiamo anche a livello europeo con l’Unione Internazionale della Proprietà Immobiliare, ma per il momento non c’è in vista niente. Vediamo cosa succede: ci sono due anni per il recepimento della direttiva, quello corrente sarà un anno in cui si tornerà a impegnarsi sulla questione. Questo è il nostro auspicio.
(Paolo Rossetti)
— — — —
Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.