Sono passati ormai più di otto anni da quando la Procura di Trapani avviò quella che è diventata una delle più grandi inchieste che hanno riguardato le ONG che soccorrono migranti in mare, bloccando nel porto trapanese la nave Iuventa, diventata simbolo di quelli che vennero chiamati (negli anni successivi) ‘taxi del mare’. Otto anni di battaglie che ci hanno condotti, infine, ad un paio di giorni fa quando i giudici siciliani hanno prosciolto definitivamente tutti e 10 gli indagati che su quella nave Iuventa (della tedesca Jugend Rettet) ci lavorarono, assieme ai colleghi delle ONG Medici senza frontiere e Save the children.
Partendo dall’origine, ovvero dal 2016, l’inchiesta fu mossa da diverse segnalazioni di alcuni uomini assunti da Save the children per occuparsi della sicurezza sulle loro imbarcazioni, secondo cui in tre occasioni distinte l’equipaggio aveva avuto contatti diretti con gli scafisti, accordandosi (con tanto di dettagli, poi intercettati) anche sul luogo e l’ora dell’incontro per ‘consegnare’ i migranti: le ONG, secondo l’accusa, avrebbero favorito (anche la nave Iuventa) il traffico illegale di esseri umani. L’inchiesta, tra le altre cose, favorì quel pensiero ancora diffuso oggi secondo cui le associazioni umanitarie abbiano svolto per diversi anni il ruolo di ‘taxi del mare‘, accompagnando i migranti lungo l’ultima parte del loro percorso e favorendo il lavoro degli scafisti, generando uno sconforto tale che nel 2017 il governo Gentiloni approvò il primo Codice di condotta per le ONG.
Scagionato l’equipaggio della nave Iuventa: “La ONG non ha favorito l’arrivo dei migranti”
La sentenza di ieri, è bene ricordarlo, non è stata certamente un fulmine a ciel sereno perché solo poche settimane fa la stessa Procura di Trapani che aprì l’inchiesta chiese al giudice il non luogo a procedere, cosciente che non vi fossero prove concrete e che l’attendibilità dei testimoni era ormai compromessa. Non a caso, la sentenza sulla Iuventa è stata pronunciata (come spiega Avvenire) senza aprire la fase dibattimentale del processo, con un sonoro “il fatto non sussiste” che ha scagionato tutti gli indagati e smentito (forse definitivamente) l’idea delle ONG siano ‘taxi del mare’ per migranti.
Esultano per la sentenza, ovviamente, i vertici di Jugend Rettet che ricordando che la loro “odissea [è] durata sette anni” con “oltre 40 udienze preliminari”, ci tengono a manifestare il loro “grande disappunto per gli irreparabili danni inflitti“, sia alla stessa ONG che alla nave Iuventa, ormai ferma da troppi anni perché sia ancora operativa. “La formula assolutoria”, commenta invece l’avvocato Gamberini, “dice che non c’era niente, mancava la condotta materiale. I fatti non sono stati dimostrati e non erano dimostrabili”; e mentre Save the children parla di “un momento importante per tutto il mondo dell’aiuto umanitario”, Medici senza frontiere punta il dito contro “le false accuse, gli slogan infamanti e la plateale campagna di criminalizzazione” mossa contro le ONG che lavorano per salvare i migranti.