È un’anomalia la liaison tra Donald Trump e Elon Musk? Per chi conosce il sistema di governo statunitense certamente no. Da sempre esiste negli Stati Uniti una stretta connessione tra grandi trust privati, con i loro affari, e la sfera governativa, compresi gli incarichi e le posizioni all’interno dell’amministrazione federale. Basti pensare agli uomini della finanza che hanno ricoperto incarichi governativi, o agli uomini politici che hanno lasciato la politica per sedere nei consigli di amministrazione delle banche d’affari.
Vi sono, poi, da sempre le grandi commesse che il governo federale Usa rimette alle industrie private, ad esempio le commesse delle armi, quelle della marina (che in America rivestono un peso particolare) e quelle per le agenzie di spionaggio e sicurezza (CIA, FBI, NSA), e vi sono inoltre i programmi governativi, come il programma spaziale, che vengono rimessi ad enti privati come la NASA e altri ancora.
Si può dire che gli Stati Uniti sono il luogo dove gli interessi del capitalismo privato e gli interessi pubblici governativi, se non si confondono, quanto meno corrono paralleli senza ipocrisia.
Così adesso, nell’epoca del digitale e dell’Intelligenza Artificiale, ecco arrivare nell’ambito governativo Elon Musk (Tesla, SpaceX, Starlink, X, ecc.), ma dietro l’angolo si intravvedono anche Jeff Bezos (Amazon, Blue Origin e Washington Post) e Mark Zuckerberg (Meta) e, poco più lontano, Tim Cook (Apple) e Sundar Pichai (Alphabet – Google).
Certo, gli Stati Uniti sono un grande Paese che può permettersi anche dei tecno-oligarchi anti-Trump, a cominciare da Bill Gates, ma non è questo il punto.
Questo complesso sistema politico-industriale è stato sinora il “top” del mondo occidentale e ha garantito principi e valori dell’Occidente e i governi alleati degli Stati occidentali, fornendo i servizi di sicurezza e di difesa e condividendo le informazioni dei servizi segreti e le alleanze di carattere militare.
Ebbene, tutto questo con Trump sembra essere finito. Le dichiarazioni del Presidente statunitense sono abbastanza univoche. La sua presidenza ha spostato l’asse della politica estera dall’Occidente all’Oriente e, di qui, l’impegno per raggiungere l’accordo con Putin a discapito di Zelensky, una attenzione particolare verso la Cina e forse anche l’India e, infine, l’abbandono dell’Europa, dove peraltro Trump conta parecchi amici e devoti.
Ciò ha portato alla ribalta dell’opinione pubblica europea il tema della difesa comune e del riarmo europeo. Ma la guerra oggi non è più combattuta con le armi convenzionali e, rispetto alle armi nucleari, che hanno un carattere deterrente, le guerre sono combattute soprattutto con armi informatiche: satelliti, droni, sistemi elettronici di puntamento, ecc.
C’è poi un altro versante informatico che è rilevante politicamente e al centro dello scontro internazionale. Infatti, se ormai gli Stati non possono fare a meno dell’informatica per organizzare i propri servizi, dalla sanità ai trasporti, dalla vigilanza alla sicurezza, dall’anagrafe al catasto, ecc., uno degli strumenti per mettere in difficoltà i governi non amici sono gli attacchi hacker, che paralizzano, ospedali, treni, aerei, o portano al furto di dati informatici, soprattutto sensibili.
Tutto ciò ha un rilievo sulla vita stessa dello Stato e sulla sua sovranità. Oggi la sovranità è diventata soprattutto “sovranità digitale”. Infatti, gli Stati hanno compreso che non possono non padroneggiare in un modo o nell’altro le tecnologie della rete, se vogliono ancora conservare la definizione di autorità statali.
Cosa comporta la “sovranità digitale”?
Il primo elemento della sovranità digitale è dato dalla capacità di organizzare cyberattacchi e di difendersi da questi, ben sapendo che le attività di aggressione attraverso la rete, in grado di minacciare e distruggere le infrastrutture di una comunità, hanno dalla loro sia l’anonimato tecnico, sia la mancanza di un sistema sanzionatorio internazionale.
Inoltre, occorre una funzione pubblica di cybersecurity che nasce dall’esigenza di proteggere le attività digitali che ormai innervano ogni Stato, nelle politiche civili come in quelle di carattere militare.
Ora, tutto ciò presuppone uno sviluppo tecnologico degli Stati in grado di liberarli dai condizionamenti internazionali che possono derivare da forze esterne, sia politiche e sia private.
In tal senso, non ci possono essere contratti per servizi di cybersecurity con i trust stranieri e, nel caso di specie con quelli americani, perché questi contratti significherebbero offrire in regalo la propria sovranità e sicurezza; ed oggi, con la politica messa in campo da Trump, che nega l’ombrello statunitense all’Europa o agli Stati membri, non è più possibile dipendere da un sistema informatico straniero.
La difesa comune europea, se posta al centro del processo di integrazione europeo, può essere il punto essenziale della sovranità europea, proprio perché la difesa comune richiederebbe, di necessità, lo sviluppo di una sovranità digitale, anche per rendere indipendenti i servizi segreti europei dal vincolo della condivisione con i servizi americani.
Certo, una vera sovranità digitale europea richiede necessariamente nel bilancio dell’Unione Europea un cospicuo investimento di risorse in infrastrutture digitali, ben oltre gli 800 miliardi di euro anticipati da Ursula von der Leyen, per la costruzione di una “piattaforma indipendente” al servizio dell’Unione e degli Stati membri, per realizzare nuove forme di spionaggio, economico, politico e militare, e per realizzare attacchi veri e propri agli avversari.
In tal senso, perciò, l’UE dovrebbe spingersi sino alla costruzione di un “cloud europeo e sovrano”, in grado di esigere il versamento di tutte le informazioni riguardanti i cittadini europei e di imporre un controllo pubblico sulle piattaforme.
>E, già che ci siamo, bisognerebbe regolare la posizione delle Big tech, GAFAM (Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft), e porre rimedio a quanto accaduto negli anni passati, grazie al sostegno a loro favore del potere politico statunitense. Questi, infatti, hanno potuto capitalizzare una ricchezza enorme senza neppure pagare le imposte dovute, e hanno accumulato una quantità gigantesca di dati, anche sensibili, dei cittadini europei. La sovranità digitale europea potrebbe essere la via per pareggiare anche questi conti.
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