È molto ardua la valutazione dell’Ufficio del Massimario della Cassazione, che in una lunga relazione di quasi 130 pagine, segnala criticità sul metodo e nel merito delle nuove disposizioni del cosiddetto “decreto sicurezza” (già convertito in legge).
Per la Suprema Corte mancano i requisiti di “necessità e urgenza”, che si limiterebbero solo ad un’apodittica enunciazione dell’esistenza delle ragioni di un intervento non più procrastinabile.
A ciò si aggiunge “l’estrema disomogeneità dei contenuti” del testo e sulle disposizioni che “determinano il trattamento sanzionatorio”, destinate a incidere sulla libertà personale, che “devono ritenersi suscettibili di controllo” da parte della Corte Costituzionale per “gli eventuali vizi di manifesta irragionevolezza o di violazione del principio di proporzionalità, dovendosi scongiurare il rischio di irrogazione di una sanzione non proporzionata all’effettiva gravità del fatto”.
Nel merito, poi, vengono riportati diversi profili problematici, come quello delle aggravanti per i reati commessi nelle immediate adiacenze delle stazioni ferroviarie e delle metropolitane o all’interno di convogli adibiti al trasporto di passeggeri e per il nuovo reato di blocco stradale. Dubbi anche sulle disposizioni che interessano detenuti madri e canapa.
Praticamente non si salva quasi nulla.
La relazione ha già provocato numerose reazioni dalle opposte fazioni politiche su un tema, quello della sicurezza, su cui non dovrebbero esserci divisioni o tifoserie.
E già questo varrebbe a considerare, almeno, inopportuno un intervento così tranchant.
Un tema così delicato, infatti, merita una valutazione scevra da retro pensieri o condizionamenti di parte.
Per questo, va subito fatta una doverosa premessa. A scapito del nome (Ufficio del Massimario), il compito dei colleghi magistrati addetti a questo specifico servizio non è solo quello di redigere massime giurisprudenziali, cioè le sintesi dei principi di diritto contenuti nelle decisioni della Corte, che sono poi utilizzate per diffondere la giurisprudenza e per garantire la sua corretta ed uniforme applicazione.
In più, il Massimario redige, oramai da tempo, anche relazioni annuali o infrannuali sulle principali novità legislative, fornendo un’analisi del loro impatto sul sistema giuridico e sulla giurisprudenza della Corte.
Queste relazioni sono considerate uno strumento utile per gli operatori del diritto, per aggiornarsi sulle nuove normative e per comprendere le eventuali implicazioni sul sistema giuridico.
Un recente esempio è rappresentato dalla relazione sulla riforma Cartabia, che ha analizzato in profondità le modifiche apportate al processo penale.
Oggi dire che la Cassazione sarebbe incompetente potrebbe essere considerato un fuor d’opera, essendo una prassi ormai accettata da anni ed astrattamente compatibile con la funzione nomofilattica della Corte.
Quel che sorprende è, invece, l’ingiustificata enfatizzazione dei toni ed il frequente cortocircuito mediatico che sembrano accompagnare i provvedimenti adottati da questo governo.
Cerco di spiegarmi meglio.
La riforma Cartabia, come visto, una delle ultime leggi commentate, è – a parere della gran parte degli operatori – una delle peggiori norme mai partorite sul sistema processuale: ingarbugliata, controproducente, a tratti illogica.
Eppure sfido chiunque, anche gli osservatori più attenti, a ricordare una critica, neppur lontanamente equiparabile alla pesante analisi, partita dal medesimo Ufficio, sul decreto sicurezza.
Ed a memoria non ricordo una simile levata di scudi, né tantomeno una pubblicità negativa tanto diffusa e propagandata su provvedimenti dí precedenti governi.
Altre norme commentate dal Massimario in genere si soffermano in maniera molto più continente sui profili squisitamente tecnici, come ad esempio quella sulla riforma al codice della crisi e sull’insolvenza delle società, che è peraltro l’ultima in ordine temporale che appare sul sito, dedicato alle novità normative e che risale al 30 gennaio 2025.
Andando a ritroso la precedente relazione, ritenuta degna di pubblicazione sul sito, aldilà di quelle ordinarie sulla giurisprudenza, risale addirittura al 22 dicembre 2022.
Allora c’è da chiedersi il motivo di una così sollecita scelta di pubblicazione ed il sospetto di un doppiopesismo ideologico non può che sfiorare, almeno, chi crede ancora nell’imparzialità e nel buon andamento delle amministrazioni pubbliche.
Sorprende in negativo anche il tempismo non solo della redazione, ma anche della pubblicazione da parte del solito giornalismo ad orologeria.
Ancor più se ad un’attenta ricerca sul sito del Massimario, sezione novità legislative, la relazione risulta pubblicata il 26 giugno e subito è stata ripresa con grande enfasi da certa stampa, che sembra quasi la aspettasse con ansia.
Fa bene allora il ministro della Giustizia Nordio a voler approfondire i criteri che si seguono nella modalità di pubblicazione, e capire se esistano regole oggettive o sia lasciato tutto alla discrezionalità di qualcuno.
Sarebbe grave, infatti, se in questo evidente rapporto malato di una parte dei magistrati con certa stampa, l’una condizionasse l’altra o viceversa.
Le relazioni del Massimario ovviamente vanno scritte e sono utilissime, non per i mass media, ma per gli operatori. Chi le scrive non può, quindi, né essere né tantomeno apparire come influenzabile.
La relazione deve avere contenuti esclusivamente tecnici e non può apparire condizionata o orientata in vista del maggiore o minore appeal della notizia, ovvero della funzionalità rispetto ad altri non celati obiettivi. Soprattutto oggi, in momento molto delicato, in cui è in discussione una riforma epocale della giustizia.
È una questione seria ed è in gioco anche qui, in questo delicato settore, l’onorabilità della magistratura, che è fatta da persone capaci e competenti, che hanno l’obbligo sempre di tutelare la terzietà e l’indipendenza della categoria.
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