Gian Carlo Blangiardo, presidente Istat e demografo, è intervenuto sulle colonne del quotidiano “La Verità” per commentare i dati del censimento del 2021, che hanno registrato un calo dello 0,3% della popolazione rispetto al 2020 e un aumento dell’età media da 43 a 46 anni. Il nocciolo della questione è che ci sono più morti che nati: la natalità nei primi nove mesi di quest’anno ha registrato una diminuzione del 2% rispetto allo stesso periodo del 2021.
Secondo Blangiardo, “la programmazione della nascita di un figlio è influenzata da aspetti sanitari ed economici. Questi fattori, che hanno limitato la fecondità nel 2020 e 2021, hanno allungato i loro effetti anche nell’anno che sta finendo. Per di più, già nel 2019 era in atto una tendenza regressiva. Il numero dei nati diminuisce costantemente già dal 2008″. Secondo le previsioni, che non sono certo una scienza esatta, nel 2070 i nati scenderebbero a 350mila e per sovvertire tale pronostico occorrerebbe almeno un indice di fecondità pari a 2 (due figli per donna): “Tra cinquant’anni perderemo 11 milioni di abitanti, passando da 59 a 48 milioni di residenti. In parallelo, si registrerà una riduzione nella fascia 20-66 anni, con una minor potenzialità produttiva. Un secondo aspetto da considerare attentamente è che la componente anziana e vecchia della popolazione continuerà a crescere decisamente […]. Garantire un servizio sanitario adeguato a una quantità considerevole di persone di questo tipo sarà molto difficile”.
GIAN CARLO BLANGIARDO: “L’INVERNO DEMOGRAFICO NON RIGUARDA SOLO L’ITALIA”
L’inverno demografico, ha proseguito Gian Carlo Blangiardo su “La Verità”, riguarda non solo l’Italia, bensì l’Europa in particolare: “Il processo in atto da noi è molto simile a ciò che sta avvenendo in Spagna e in Grecia e che si diffonde, in generale su tutto il continente, con qualche differenza in Francia, dove la natalità è maggiore […]. Se vogliamo continuare a esistere come Paese, e come un grande Paese, dobbiamo continuare a esistere anche come popolazione, con una dimensione adeguata; altrimenti lo Stato si estingue”.
Le cause del fenomeno, secondo Blangiardo, sono codificate da tempo: “I figli costano, i figli vincolano, i figli impegnano soprattutto la donna se ha un lavoro, ponendo un problema di conciliazione. Richiedono cura e quindi pongono il tema del numero di posti, e di costi, negli asili nido, perché non sempre ci sono i nonni”. Inoltre, nella mentalità comune siamo abituati a pensare che ‘se volete figli, sono fatti vostri’: “Invece, dobbiamo mettere in conto che ‘sono anche fatti nostri’, cioè di chi non fa figli. È il momento d’iniziare a pensare in termini di condivisione. I benefici di questi bambini, che da grandi verseranno i soldi sostenendo il welfare, si estenderanno anche a chi figli non ne ha fatti. Perciò, se usufruiremo dei benefici da loro, è giusto condividere in proporzione anche i sacrifici di chi li ha voluti e cresciuti”, ha concluso il presidente Istat.