Chico Forti, 66 anni, potrebbe ottenere la semilibertà se il Tribunale di Sorveglianza accoglierà l’istanza depositata dalla famiglia nei giorni scorsi. Lo rende noto Il Corriere del Trentino, che ha intervistato lo zio da sempre al suo fianco, Gianni. L’ex produttore televisivo, condannato all’ergastolo negli Stati Uniti per l’omicidio di Dale Pike, è tornato in Italia per continuare a scontare la pena dopo aver trascorso 24 anni di detenzione in Florida.
Secondo quanto dichiarato al quotidiano, Chico Forti potrebbe uscire dal carcere di Verona a Pasqua dopo aver frequentato un corso da pizzaiolo, ha spiegato lo zio, e a breve potrebbe avere la patente. In occasione del suo compleanno, l’8 febbraio, i familiari hanno chiesto che possa avere un permesso speciale per festeggiare con l’anziana madre. “Speriamo di averlo a casa“, ha concluso Gianni Forti.
Chico Forti, il permesso speciale saltato a Natale per il caso Travaglio e Lucarelli
La speranza dei parenti di Chico Forti non si è spenta dopo il rigetto di una prima richiesta di permesso speciale avanzata per lo scorso Natale. In quella occasione, infatti, non gli fu concesso perché, ha aggiunto suo zio, “era esploso il caso ‘ndrangheta” (quando un detenuto disse che Forti premeva per un intervento della criminalità organizzata con lo scopo di “mettere a tacere” Marco Travaglio e Selvaggia Lucarelli). Accusa gravissima – sfociata in una indagine poi archiviata – che era stata immediatamente respinta dallo stesso Chico Forti e dalla sua famiglia.
L’obiettivo oggi è quello di poter iniziare una nuova vita, magari sfruttando proprio la formazione come pizzaiolo per poter forse lavorare in un locale lontano dalle sbarre. Per la giustizia americana, nel 1998 fu lui ad uccidere il 42enne Dale Pike, figlio di un noto imprenditore del settore alberghiero, Anthony Pike, con cui avrebbe voluto chiudere l’affare per l’acquisto di un famoso hotel di Ibiza.
Secondo l’accusa, Chico Forti avrebbe commesso il delitto nel contesto di un altro crimine, cioè una presunta truffa ai danni del padre della vittima. Da sempre professatosi innocente, l’ex produttore italiano fu giudicato però responsabile dell’omicidio e a suo carico fu portato un elemento ritenuto schiacciante, “prova regina” secondo le autorità d’oltreoceano: la sabbia trovata sulla sua auto, considerata dagli investigatori identica a quella della spiaggia di Miami in cui fu ritrovato il cadavere.