CHIUSURA IMPIANTI SCI/ La strana “discriminazione” tra Alto Adige e resto d’Italia
Al momento gli impianti sciistici sono chiusi in tutta Italia, salvo che in Alto Adige. Si lavora però per una riapertura in piena sicurezza

Mentre l’Omt, l’Organizzazione mondiale del turismo dell’Onu, certifica che a causa della pandemia da Covid-19 il turismo globale è crollato del 70% nei primi otto mesi dell’anno rispetto al 2019, e prevede “una ripresa vigorosa” non prima della fine del 2021, in Italia stiamo subendo un’altra sindrome: la schizofrenia. Oggi, alla vigilia della prima stagione invernale tutta in era Covid, scopriamo infatti che ci sono le Dolomiti in e quelle out. Questa schizofrenia sanitaria, e di conseguenza anche amministrativa e sociale, che nei momenti di emergenza si fa ancora più evidente, fa sì che oggi, dopo le restrizioni imposte dal nuovo Dpcm, in Alto Adige i bar chiudano non alle 18, ma alle 20, e i ristoranti alle 22.
Il presidente della Provincia di Bolzano, Arno Kompatscher, ha detto di “recepire gran parte del nuovo Dpcm, ma con alcuni adattamenti alla realtà locale in virtù dei margini di manovra che ci sono concessi dalla nostra autonomia e dalla legge provinciale sulla fase 2 dello scorso maggio”. Benissimo, il Presidente conoscerà sicuramente il perimetro entro cui potersi muovere. Anche se tutti ricordano bene il Premier Conte che alle Regioni diceva di tenersi pronte a misure semmai “più restrittive”… Ma l’autonomia altoatesina non favorisce solo bar e ristoranti: in Alto Adige “gli impianti nei comprensori sciistici possono essere utilizzati da parte di atleti professionisti e non professionisti. I predetti impianti sono aperti agli sciatori amatoriali, subordinatamente all’adozione di apposite linee guida da parte della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome o, nelle more dell’adozione delle stesse, nel rispetto delle linee guida provinciali, avendo cura di evitare ogni forma di assembramento”. E così adesso in Alto Adige, mentre altrove le piste restano off-limits, sono aperti i due comprensori di Solda e Val Senales, visto che qui gli impianti di risalita sono equiparati al trasporto pubblico locale.
Non volendo ipotizzare un virus discriminante tra regioni ordinarie e regioni a Statuto autonomo, è difficile digerire queste situazioni stridenti, che finiscono ovviamente con il penalizzare le aree più “osservanti” e premiare quelle più “autonome”, generando, se possibile, ancora più incertezze, e di fatto deprimendo qualsiasi residua voglia di prenotazioni fosse rimasta. Per evitare questo prevedibile, assurdo scalino, il Governo ha chiesto alla Conferenza delle Regioni di presentare al Comitato tecnico scientifico un protocollo comune, applicabile in tutte le Regioni, autonome e non. “Va detto che noi – dice Valeria Ghezzi, presidente Anef, l’associazione degli impiantisti – abbiamo già da tempo predisposto un regolamento con l’aiuto di UNI, l’ente italiano di normazione. E l’abbiamo anche presentato in varie sedi istituzionali. Oggi è necessario che sia accettato da tutte le Regioni e che venga validato dal Governo. Una questione che si potrebbe risolvere in tempi brevi, poi potremo riaprire tutti”.
Se lo augura perfino Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli Venezia Giulia, altra Regione a statuto speciale, che non nasconde le pesanti critiche al nuovo Dpcm. In ogni caso, cercando di scongiurare malaugurate guerre di posizione tra i comprensori sciistici di regioni diverse, i tempi brevi sono oltremodo auspicabili, visto che la prossima settimana tutti dovrebbero iniziare le costose operazioni di innevamento programmato. Un’urgenza ben sottolineata anche da Matteo Zanetti, il neopresidente di Cervino Spa: “Il tavolo Stato-Regioni è aperto: l’importante è giungere ad un accordo in tempi brevi”.
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