Nella distopica “E-Town” di Pechino, tempio della tecnologia cinese, è andata in scena la prima mezza maratona al mondo di robot umanoidi – una competizione dove androidi traballanti hanno gareggiato (e spesso inciampato) accanto a corridori in carne e ossa – e che ha mescolato la comicità all’estetica cyberpunk con un obiettivo serissimo: dimostrare al mondo che la Cina può dominare la corsa globale all’intelligenza artificiale.
Tra cadute rovinose, deviazioni improvvise e applausi ironici del pubblico, il messaggio è stato chiaro: anche se Tiangong Ultra, il vincitore, ha impiegato 2 ore e 40 minuti per 21 km (contro l’ora e due minuti del miglior umano) Pechino non molla.
L’atmosfera ricordava un incrocio tra un raduno di cosplayer e un esperimento sociale: da un lato, robot con fattezze da Transformers o sorrisi da cartone animato, programmati per fare occhiolini alla folla, dall’altro, ingegneri in tuta ansiosi come genitori alla recita dei figli.
Ogni intoppo è stato accolto con un boato quasi orgoglioso, sintomo di una nazione che, dopo secoli di complessi d’inferiorità tecnologica, vuole a tutti i costi scrivere la propria epopea futuristica e ciò che conta è che i media di Stato abbiano definito l’evento “un passo verso l’autosufficienza tecnologica”.
Robot e ambizioni: quando la corsa tecnologica supera l’atletica
Dietro la maratona di robot che incespicano su ghiaia e scale, si cela uno scenario ben più complesso: la Cina non cerca medaglie, ma vuole battere gli USA nella gara per l’egemonia dell’IA sfruttando le abilità di Tiangong Ultra – con i suoi 12 km/h e la capacità di muoversi su terreni impervi – come risposta cinese all’americano Boston Dynamics.
“Siamo allo stesso livello dell’Occidente” ha dichiarato il suo creatore, ignorando i dubbi di esperti come Alan Fern dell’Oregon State University: “Questi show dimostrano agilità, non intelligenza”.
La maratona di E-Town, con i suoi 21 team e robot vestiti da atleti (alcuni con scarpe, altri solo una pettorina), ricorda le esibizioni di automi nel XVIII secolo: meraviglie meccaniche per stupire le corti, non strumenti utili.
Pechino mira dunque a trasformare questi prototipi in prodotti di massa e se l’America investe in IA per la difesa o la medicina, la Cina rischia di restare incastrata nella mera performance tecnologica. Intanto, il “destinato a vincere” scritto sulla pettorina di un androide suona da avvertimento: in gioco non c’è solo una corsa, ma il futuro di un Paese che vuole scrivere le regole del domani.