Cina sotto stretta dell’UE: limitato l’accesso agli appalti per dispositivi medici oltre i 5 milioni, Pechino parla di protezionismo
Cina e Unione Europea ai ferri corti, questa volta sul delicato terreno degli appalti pubblici nel settore sanitario: la Commissione europea ha annunciato ufficialmente la decisione di limitare l’accesso delle aziende cinesi a tutti i contratti pubblici per la fornitura di dispositivi medici con valore superiore ai 5 milioni di euro, una misura destinata a colpire quasi il 60% della spesa pubblica in questo campo, corrispondente a circa 150 miliardi di euro.
È la prima applicazione concreta del nuovo strumento di approvvigionamento internazionale, varato nel 2022 per garantire la cosiddetta reciprocità commerciale con i Paesi terzi; la Cina, accusata da tempo di imporre alle imprese europee barriere eccessive all’ingresso nel proprio mercato – in particolare nel comparto sanitario – non ha risposto in modo soddisfacente alle consultazioni aperte con l’UE negli ultimi mesi e per questo, la Commissione ha deciso di andare avanti con l’introduzione delle restrizioni, che saranno ufficiali a partire da dieci giorni dopo la pubblicazione del provvedimento.
Le nuove regole impediranno anche che oltre il 50% dei fattori di produzione impiegati in un’offerta provenga da fornitori cinesi ma le forniture delle cliniche private non saranno coinvolte, così come circa il 96% degli appalti pubblici totali, che non raggiungono la soglia fissata, ad ogni modo, Bruxelles punta a una maggiore equità nell’accesso al mercato globale, specialmente in settori strategici come la sanità.
Cina ed Europa verso nuovi attriti: tra protezionismo e richieste di equità, si apre lo scontro sui dispositivi medici
La Cina ha già reagito con durezza: il governo di Pechino ha definito la misura un atto protezionistico, promesso contromisure per difendere i diritti delle proprie imprese e ha accusato l’Europa di danneggiare deliberatamente i rapporti commerciali bilaterali, mentre la Commissione europea, dal canto suo, ha chiarito che resta aperta a sospendere o persino annullare le restrizioni, qualora il governo cinese decidesse di rimuovere le proprie barriere, che al momento – secondo Bruxelles – limitano circa l’87% dell’accesso agli appalti pubblici nel settore dei dispositivi medici.
Ma per ora, le promesse di Pechino non si sono tradotte in azioni concrete: durante i mesi di consultazioni, non è arrivata alcuna proposta di apertura, e intanto le esportazioni cinesi verso l’UE in questo comparto sono più che raddoppiate tra il 2015 e il 2023. Cina e Europa si preparano dunque a un confronto più ampio, che avrà il suo primo banco di prova al prossimo vertice bilaterale, convocato per celebrare i cinquant’anni delle relazioni diplomatiche.
La presidente della Commissione, Ursula Von der Leyen, ha recentemente ribadito come l’ingresso della Cina nell’Organizzazione mondiale del commercio sia stato l’inizio di molte criticità, rimarcando anche come Pechino stia “militarizzando” il controllo delle terre rare e di altri materiali essenziali per la produzione tecnologica europea; sullo sfondo restano le tensioni legate alla sovraccapacità produttiva in settori come acciaio e microchip, alle politiche di sussidi interni e a un generale squilibrio che da anni penalizza l’industria europea.
La Cina, per ora, incassa l’annuncio ma si prepara a rispondere: la linea è chiara, difendere l’interesse nazionale e mantenere un rapporto commerciale favorevole, pur contestando ogni tentativo europeo di riequilibrare i termini dell’interscambio.