Il 15 giugno sarà il giorno in cui le sale cinema potranno finalmente riaprire dopo praticamente quattro mesi di lockdown, ma è polemica per l’utilizzo delle mascherine. L’Anec, l’associazione degli esercenti cinematografici, ha infatti diramato nelle scorse ore una nota in cui ha chiesto alle autorità la possibilità per i clienti di togliere la mascherina una volta che gli stessi siano entrati nelle sale, pena l’impossibilità di consumare cibo e bevande storicamente vendute nelle sale, e che accompagnano la visione del film. “Sicuramente sono stati fatti passi avanti con la deroga al distanziamento interpersonale per la visione con i propri familiari – fanno sapere dall’Associazione di categoria – ma il permanere dell’obbligo dell’uso della mascherina anche dopo aver preso posto in sala rimane incomprensibile”. “Le misure per le sale cinematografiche – proseguono – impongono il distanziamento di almeno un metro e, così come previsto in altre attività commerciali, si ritiene che al momento della occupazione del posto in sala il cliente possa rimuovere la protezione delle vie aeree, al pari di quanto definito per il settore della ristorazione”.
CINEMA, QUERELLE MASCHERINE: SI COMPROMETTE L’ESPERIENZA DEL CLIENTE
Secondo l’Anec l’obbligo del dispositivo di protezione individuale durante la visione del film, senza la possibilità di fruire di popcorn, bevande gassate varie, patatine e via discorrendo, non permette una vera e propria ripartenza del settore, compromettendo tra l’altro l’esperienza cinematografica da parte del pubblico. Di conseguenza, sottolinea l’Anec, le sale cinematografiche che dalla prossima settimana potranno riaprire, rimarranno ancora chiuse in segno di protesta. I protocolli stabiliti dal governo e inseriti nelle Linee guida per la riapertura delle Attività Economiche, Produttive e Ricreative emanate dalla Conferenza delle Regioni in data 9 giugno, sono molto rigidi in merito alle mascherine, che se tolte all’interno di una sala chiusa come appunto quella di un cinema, potrebbero favorire la diffusione del virus. Ancora una volta ci si trova di fronte al bivio: la salute o l’economia?