Vladimir Luxuria e il dibattito nella sinistra. L’aumento dell’Iva a Sky e il dibattito nella sinistra. La riforma della Rai e il dibattito nella sinistra. È la televisione il centro di attenzione, il cuore palpitante della sinistra italiana.
Dopo la lunga puntata di Anno Zero di ieri dedicata alla vincitrice dell’Isola dei famosi, la sensazione è quella di una cultura perduta, che corre dietro ai fantasmi. Tutto è sovradimensionato, enfatizzato, salottizzato. Non viene voglia nemmeno di raccontarli, quei lunghi minuti di chiacchiere senza fine. Operai, studenti radicali, critici intelligenti, disoccupati, giornalisti, tutti perduti dietro il lungo dipanarsi di un processo al reality che girava a vuoto.
La realtà, la vita quotidiana, la possibilità di costruirsi dignitosamente una casa, una famiglia, una professione e la possibilità di lavorare, persino di lottare per tutto questo erano fuori argomento.
Luxuria l’ha detto con chiarezza: faccio spettacolo, faccio reality, faccio politica solo per i diritti dei diversi: affinché nessuno li consideri più tali. L’orizzonte è angusto, il sorriso vietato: la sinistra di oggi è questa qui. Se poi ci scappa l’attacco al Vaticano sugli omosessuali che male c’è? In fondo l’hanno scritto tutti i giornali, lo sanno tutti che i preti li vogliono morti!
E’ una di quelle sere in cui vai a letto annoiato e depresso. In cui pensi al tempo perso e alle belle pagine che avresti potuto leggere e non hai letto, agli amici che avresti potuto sentire e non hai sentito. Non uno sprizzo spiazzante, non un guizzo. E neanche la libertà di poter dare un abbraccio sincero a una persona che ha vistosi (nel senso che li vedi in diretta) problemi di identità.
Lo spietato cinismo di chi fa casting nei reality sa scegliere senza troppi scrupoli chi può far risorgere un programma in fase di stanca. Ma alla sinistra questo non lo puoi dire, trasgrediresti la convenzione e il cosiddetto rispetto umano. Meglio sentirsi tutti allineati e coperti, complici di uno sguardo all’altro quello davvero colmo di ipocrisia. Nel mondo di chi ha perso il coraggio di dare alle cose il loro nome, urlare che il re è nudo farebbe troppo rumore.