GLEE/ Ryan Murphy (Nip/Tuck) e quella serie cinica e delicata sui teen-agers americani

- Matteo Contin

Ryan Murphy, l'ideatore del trasgressivo Nip/Tuck, ha dato vita a Glee, una serie leggera e positiva. Dove il miscuglio di musical, teen-drama e la sua parodia, temi seri e faceti, cinismo e delicatezza, ha prodotto, negli Usa, il boom i ascolti e gli ha fatto ottenere un Golden Globe. La recensione di MATTEO CONTIN della serie sbarcata in Italia  

Ryan Murphy, l'ideatore del trasgressivo Nip/Tuck, ha dato vita a Glee, una serie leggera e positiva. Dove il miscuglio di musical, teen-drama e la sua parodia, temi seri e faceti, cinismo e delicatezza, ha prodotto, negli Usa, il boom i ascolti e gli ha fatto ottenere un Golden Globe. La recensione di MATTEO CONTIN della serie sbarcata in Italia  

Dal creatore di Nip/Tuck ci saremmo aspettati di tutto, ma nessuno poteva prevedere la nascita di una serie così leggera e positiva, che tuttavia non rinuncia ad affrontare problemi e temi importanti. Dopo l’anteprima italiana del 26 dicembre, ieri sera è sbarcata finalmente su Fox la prima stagione di Glee, nata dalla mente di Ryan Murphy, noto appunto per aver ideato la trasgressiva Nip/Tuck.

Il Glee Club è il gruppo di canto corale della McKinley High School, fatto resuscitare dal docente di spagnolo Will Schuester e formato dagli outsider dell’istituto scolastico. Se lo scopo di Will è offrire una seconda possibilità agli studenti emarginati, il preside della scuola è di tutt’altro avviso: il Glee Club deve dare visibilità all’istituto e la qualificazione al concorso nazionale è d’obbligo per mantenere intatti i finanziamenti al Glee Club, che altrimenti saranno devoluti alla squadra di cheerleader capitanata dalla perfida Sue Sylvester, la quale farà di tutto per distruggere il Glee Club.

Dopo un episodio pilota un po’ frettoloso ma che mette le basi, anche stilistiche, della serie, Glee si rivela essere una continua sorpresa, puntata dopo puntata. Merito soprattutto di una sceneggiatura che sfrutta diversi generi (dal teen-drama alla parodia dello stesso, dal musical alla commedia) frullandoli insieme in modo armonico e solido. Non stupitevi quindi se, nella stessa puntata, vi troverete prima a cantare, poi a sorridere e infine a piangere: questa è la macchina perfetta di Glee, che macina energia e positività in una serie piacevolmente stonata per i tempi difficili in cui viviamo.

Ma attenti, Glee non è accomodante, né tantomeno schiva temi complessi nascondendosi dietro qualche canzoncina. La serie affronta con coraggio problemi come l’omosessualità, l’integrazione razziale, l’handicap e la maternità, senza mai mettersi in cattedra e dimostrandosi capace di parlare agli adolescenti con una effervescente varietà di toni, che apparentemente sembrano contrapporsi.

Chi riuscirebbe a trattare un tema come l’handicap facendo uso contemporaneamente di un umorismo cinico e di una delicatezza inaspettata? Ecco, Glee riesce in questa impresa impossibile, e il pubblico (soprattutto quello più giovane) lha premiata con ascolti record che lhanno portata qualche giorno fa ad aggiudicarsi il Golden Globe come Miglior serie Comedy (battendo avversari illustri come The Office e 30 Rock).

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Tra canzoni ottimamente eseguite e un cast che riesce a farsi amare sin dai primi istanti, Glee è, più di ogni altra cosa, una serie che parla del tentativo di un uomo di insegnare qualcosa a un gruppo di ragazzi: non semplicemente nozioni e tecniche, ma soprattutto un modo di affrontare la vita.

 

A fianco di tanti professori televisivi e cinematografici che sembrano infallibili, il Will Schuester di Glee è un uomo che continua a sbagliare, ma che ogni volta comprende i suoi errori e si migliora, compiendo quindi un percorso analogo a quello dei suoi studenti. L’insegnamento diventa occasione di crescita per studenti e professori, dove questi ultimi, pur mantenendo sempre e comunque il loro ruolo, hanno la capacità di entrare in empatia con gli studenti, di capire i loro problemi e i loro desideri.

 

Parte del successo della serie è certamente da imputare anche all’ottima collocazione nel palinsesto, che negli States la vedeva arrivare subito dopo American Idol, uno degli show più seguiti oltreoceano. Pur se i due programmi sono in netta contraddizione nel messaggio che propongono, il pubblico ha da subito amato la serie, grazie anche all’ottimo lavoro di marketing fatto dalla Fox. Immediatamente dopo la messa in onda dell’episodio infatti, era possibile scaricare da iTunes le canzoni della puntata appena trasmessa, sfruttando l’entusiasmo immediato degli spettatori.

 

Superfluo aggiungere che, oltre agli episodi finale di questa prima serie (uno sarà diretto addirittura da Joss Whedon, creatore di Buffy e Dollhouse), la Fox ha messo in cantiere la seconda stagione. Si prevede un innovativo tentativo di incrociare la fiction televisiva, il reality show e il mondo di internet: alcuni dei nuovi personaggi, infatti, saranno scelti tra ragazzi normali che si candideranno tramite video-provini caricati su youtube.





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