Dopo i due disastrosi capitoli firmati da Joel Schumacher, tocca a Christopher Nolan riprendere in mano il destino cinematografico di Batman, il giustiziere di nero vestito uscito dalla penna di Bob Kane. Ma da quando il supereroe ricevette i natali sulle pagine di Detective Comics di acqua ne è passata sotto i ponti, come attestano innumerevoli cambi di stile grafico e di trattamento del personaggio: dalla pop e coloratissima serie tv con Adam West, alla trasformazione grottesca e freak messa in opera da Tim Burton con i due capitoli cinematografici da lui curati, per finire ancora sulla carta stampata, dove il fumettista Frank Miller ha saputo donare nuova anima (sempre più sporca e tormentata) all’uomo pipistrello.
Ed è da lì che Christopher Nolan, insieme al fratello Jonathan (già sceneggiatore di Memento) e a David S. Goyer, è partito per creare la struttura di Batman begins, pellicola del 2005 che si proponeva di svelare il percorso che ha portato il miliardario playboy Bruce Wayne a trasformarsi nel supereroe più temuto dai criminali di Gotham City. Il risultato è stato in parte deludente: se dal punto di vista dell’intrattenimento la pellicola non faceva una grinza, sotto l’aspetto psicologico mancava sicuramente un approccio più serio e approfondito. Ed ecco arrivare tre anni dopo Il cavaliere oscuro a sistemare i problemi del primo capitolo e a scrivere una nuova pagina nella storia dei pop-corn movie, in barba a Michael Bay, re del blockbuster fracassone e disimpegnato.
Christopher Nolan ha dimostrato al mondo interno che intrattenimento non vuol dire stupidità, retorica e banalità, svergognando sulla pubblica piazza il collega Michael Bay con un film che riesce ad essere al contempo un blockbuster con scene al cardiopalma e un film introspettivo sul male dell’uomo e della società, che non esitiamo a definire come il film supereroistico più pessimista e nero mai realizzato. Sulla pagina dell’intrattenimento il discorso è presto detto: Nolan sfoggia tutte le sue abilità registiche descrivendo in maniera concitata ed epica la guerra che sconvolge la giungla d’asfalto che ricopre Gotham. Tra inseguimenti con camion, ospedali che esplodono e rapine a mano armata, Il cavaliere oscuro colpisce dritto al cuore i dipendenti da adrenalina e i maniaci del cinema d’azione. Senza però dimenticarsi della storia e dei personaggi.
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La sceneggiatura intreccia perfettamente le vicende dei tre protagonisti della pellicola (Batman, Joker, Harvey Dent), trasformandosi in profonda riflessione sul male e sull’ossessione. E il personaggio di Batman acquista per la prima volta sul grande schermo la credibilità di protagonista assoluto: con il suo male, le sue ossessione e le sue paure, il Batman di Nolan evita di farsi oscurare dai suoi affascinanti nemici, finendo per smettere una volta per tutte i panni del supereroe, rivestendosi di quelli tormentati e oscuri da giustiziere senza legge. Temuto dai criminali e ricercato dalle forze dell’ordine, il Batman di Nolan (impersonato da Christopher Bale, la cui interpretazione è rovinata dal doppiaggio poco entusiasmante di Claudio Santamaria) è un uomo distrutto dal fuoco della vendetta, con una sete implacabile di giustizia. La sua giustizia.
Un po’ come lo stesso Joker, che cerca nel caos il modo di cambiare il mondo a sua immagine e somiglianza. Sorretto dalla buona interpretazione di Heath Ledger, il Joker di Nolan è il Caos-Caso che rivive nella carne umana, distrutta dalle cicatrici e dalla folle lucidità della sua mente criminale. E il tema della giustizia (come quello della follia) ritorna anche nelle vicende di Harvey Dent, letto in un’ottica più politica e sociale che sfocia però nelle vicende personali.
Forse non il capolavoro che ci era stato promesso (ma si sa che i fan sono sempre difficili da accontentare), ma Il cavaliere oscuro vince tutte le scommesse contro chi pensa sia impossibile unire divertimento e analisi socio-psicologica. È il post-modernismo, baby!