Questa sera su Rai Uno va in onda la quinta e penultima puntata di Paura d’amare 2 (clicca qui per tutti gli aggiornamenti della puntata di Paura d’Amare 2). Per i Loi non è un momento felice. Stefano è stato infatti lasciato sull’altare da Asia e lo abbiamo visto fuggire di casa poco prima che arrivasse la polizia per arrestarlo con l’accusa di aver ucciso il cugino Carlo. Senza dimenticare che sta vedendo precipitare la Loipharma. Il piano di Elide sta quindi procedendo a gonfie vele. Ma anche per Mirella non è un momento facile, dato che Sergio Mezzanotte ha ottenuto il permesso del Tribunale per poter eseguire il test di paternità sul piccolo Davide: rischia quindi di perdere per sempre il bambino che ha cresciuto con tanto amore. Per capire cosa dobbiamo aspettarci nelle prossime puntate conclusive abbiamo contattato Vincenzo Terracciano, regista della fiction.
Lei ha diretto anche la prima serie. Quali sono le differenze principali tra le due?
La differenza principale è stata nell’approccio. A prima vista può sembrare più facile creare e dirigere una seconda serie, magari grazie a una struttura narrativa già collaudata, ma non è così. Pur muovendosi all’interno di uno stesso genere, infatti, è comunque necessario fare in modo che il lavoro si differenzi. E la grande difficoltà di una seconda stagione è proprio questa: lavorare con l’idea del nuovo su strutture già conosciute.
Ci è sembrato di cogliere in questa seconda serie un certo tocco di “mistery”, soprattutto per quanto riguarda il tramare di Elide e il suo passato che affiora attraverso dei flashback ancora poco chiari. Come mai questa scelta?
La decisione è ovviamente degli sceneggiatori, però sono dell’idea che la storia d’amore della prima serie si fosse ormai esaurita. Nella seconda stagione non si voleva ovviamente rinunciare al melodramma popolare, quindi bisognava necessariamente adattare la struttura portante di Paura di amare, cioè quella incentrata sulla storia d’amore, con un genere che avesse dinamiche molto forti e che ruotavano intorno al personaggio della “cattiva”, quindi di Elide. Si è cercato allora di lavorare in questa direzione, verso una seconda serie che presentasse un carattere “giallo” molto più accentuato rispetto alla prima.
C’è un personaggio di questa serie che preferisce?
Per me tutti i personaggi hanno la stessa importanza, grandi o piccoli che siano. Ognuno partecipa alla costruzione della serie, quindi il mio modo di rapportarmi con un attore o con un personaggio non cambia mai. Tutti concorrono affinché la serie possa raggiungere il risultato di qualità che senza dubbio abbiamo ottenuto.
Per quanto riguarda la trama, sembra quasi che i “buoni” di questa serie, ovvero i Loi, siano destinati a soccombere. Stefano e Mirella se la caveranno?
Ovviamente tutto sarà più chiaro solo alla fine della sesta e ultima puntata, quindi per il momento non posso rivelare molto. Posso dire però che l’altalenanza delle condizioni della famiglia Loi è indissolubilmente legata all’alternanza tipica del melodramma: non ci sarebbe empatia se i nostri beniamini non fossero in condizioni di difficoltà, quindi anche se il destino sembra incredibilmente avverso nei loro confronti noi dobbiamo continuare a sostenerli e a fare il tifo per loro.
Paride Assergi può essere elencato tra i buoni o no?
Finora abbiamo visto un personaggio che, pur conservando le “cicatrici” della prima serie, risulta comunque cambiato. C’è poi tutta la storia con Simona, una relazione che la scorsa settimana, durante la quarta puntata, ha iniziato ad avere tratti differenti rispetto a prima. Ancora una volta non posso dire cosa accadrà, ma senza dubbio continueremo ad assistere al costante cambiamento di Paride.
Gli ascolti di questa seconda serie sono inferiori alla prima. Secondo lei, perché?
I motivi sono tanti, a cominciare dalla poca fortuna che abbiamo avuto nella messa in onda. La prima puntata, ad esempio, è stata trasmessa in concomitanza con un’altra serie (Le tre rose di Eva 2, ndr) di cui erano già andate in onda diverse puntate, quindi il pubblico aveva già avuto modo di “affezionarsi”. A questo possiamo aggiungere il confronto con il concerto-evento di Gianni Morandi, certamente lusinghiero perché a quanto pare Paura di amare viene ritenuta all’altezza di competere con programmi di questo tipo, ma ovviamente non è semplice riuscire a tenere testa. C’è poi un terzo motivo.
Quale?
Che da qualche anno a questa parte i risultati Auditel non sono più gli stessi in generale. Probabilmente nessuna serie ha più ottenuto lo stesso successo della prima stagione di Paura di amare, andata in onda tre anni fa, semplicemente perché oggi basta superare il 20% di share per parlare di successo. Un quarto aspetto che mi viene in mente è il differente periodo di trasmissione: la prima serie era partita a fine novembre, mentre la seconda è iniziata il 17 settembre, quindi due stagioni totalmente diverse, tra l’altro a tre anni di distanza. In tutti i casi sono molto contento del risultato raggiunto, senza dimenticare che il livello di ascolti è cresciuto di puntata in puntata.
Mancano due puntate alla fine della serie. Chi la sta seguendo ha delle buone ragioni per non perderle?
Nelle ultime due puntate si scioglieranno tutti i dubbi e le preoccupazioni che abbiamo raccontato finora, quindi posso assicurare che i colpi di scena saranno tanti e che si risolveranno anche i profondi problemi emotivi e affettivi che stanno coinvolgendo i protagonisti. Sono quindi tante le ragioni per non perdere il finale di questa bella storia d’amore popolare.