In autunno sarà pronta una nuova versione del canone televisivo, più equo, più semplice e a prova di evasione, ed entro fine anno avremo anche una proposta per il rinnovo della convenzione dello Stato con la Rai (in scadenza nel 2016). Lo ha annunciato il sottosegretario del Ministero dello Sviluppo economico, Antonello Giacomelli che ieri, nel giorno dello sciopero dei dipendenti dellemittente pubblica, è intervenuto a Roma alla presentazione del terzo rapporto di Focus in media, osservatorio su media e comunicazione della Fondazione per la Sussidiarietà.
Lo studio, realizzato in collaborazione con l’Università Luiss, presenta il diversificato quadro del servizio pubblico nei 28 paesi dellUnione Europea (più la Svizzera) e ha dato modo di dialogare su temi di fondo e di mettere tra parentesi il dibattito (e relativo polverone) sui 150 milioni di euro di tagli richiesti alla Rai. Quando un servizio radiotelevisivo può considerarsi pubblico? Lo Stato deve ancora svolgere un ruolo in questo settore, limitare la propria presenza o ritirarsi? Come i grandi cambiamenti sociali e tecnologici sfidano lattuale assetto del comparto?
Il tema impone una riflessione comune ha detto Giacomelli – che non può riguardare solo politica e istituzioni, e nemmeno i soli addetti ai lavori o le regole europee: il servizio pubblico, o affonda le sue radici nella comunità nazionale, nella società civile, o non è.
Per questo non si può avere in mente uno schema predefinito da sottoporre a referendum, ma occorre partire innanzitutto condividendo delle domande. I temi posti dal rappresentante del Governo però sono chiari: anzitutto la governance, che riguarda la scelta di chi deve stabilire i ruoli di responsabilità nella Rai, e una definizione più pulita della partecipazione dei diversi soggetti implicati. Non bastano generici stop allingerenza dei partiti, superando questa impostazione dobbiamo stabilire dove vogliamo arrivare. Riguardo ai soggetti implicati Giacomelli ha sottolineato il ruolo abnorme della commissione di vigilanza, che è cresciuta nelle sue funzioni diventando una sorta di secondo CdA e il fatto che nelle commissioni permanenti del Parlamento il tema comunicazione è residuale: alla Camera rientra nella commissione trasporti, al Senato nei lavori pubblici. Lobiettivo è trasformare la Rai da broadcaster tradizionale a una sorta di media company capace di produrre contenuti per tutte le piattaforme. Il futuro simpone e non possiamo attardarci ancora. E se la Rai non può che essere confermata come il punto di riferimento del servizio pubblico, secondo il sottosegretario, la funzione di servizio pubblico non deve necessariamente essere considerata come unesclusiva di Rai, ma occorre riconoscere il valore della complementarietà con altri soggetti, anche privati. Opinione che ha ammesso lo stesso Giacomelli ha sollevato più di qualche malumore. Una cosa è certa: quale che sia il modello di servizio pubblico che si sceglierà, è venuto il momento che la Rai dissotterri i suoi talenti e accetti di giocarli fino in fondo
(Silvia Becciu)