Ieri sera alle 21.05, per la ricorrenza dei cento anni dallo scoppio della prima guerra mondiale, Rai Tre ha trasmesso una nuova puntata de La grande storia. Paolo Mieli ha presentato ai telespettatori due docu-film: ’15-’18 – La nostra guerra e 1914 – La quiete prima della tempesta.
Nel primo film documentario, realizzato da Paola Lasi con la consulenza storica di Antonio Gibelli, l’attenzione è rivolta soprattutto, ma non solo, alle conseguenze che il primo conflitto mondiale ebbe sull’uomo. Divisa tra interventisti, meno numerosi ma più aggressivi e persuasivi, e neutralisti, l’Italia, guidata dal governo Salandra, decide di entrare in guerra a fianco di Francia e Inghilterra a dieci mesi dall’inizio del conflitto. Gli italiani vennero persuasi a fare e a sostenere la guerra anche grazie all’impiego di una vasta opera di propaganda, che non si servì soltanto dei quotidiani, primo tra tutti il Corriere della sera, ma anche del cinema, che all’epoca si profuse in uno sforzo produttivo incentrato soprattutto su melodrammi di ispirazione patriottica. Fondamentali al fine di motivare i combattenti e gli italiani tutti, poi, furono non soltanto l’esaltazione del patriottismo, ma anche quella delle vittorie ottenute, parallelamente ad un’opera che intendeva minimizzare e ridimensionare le sconfitte e l’impatto che esse avrebbero potuto avere sull’opinione pubblica.
Fu una guerra per certi versi nuova e moderna, combattuta con nuovi mezzi, come ad esempio l’aereo o il motoscafo armato silurante, e che si sviluppò sì sul mare e per aria, ma anche, forse principalmente, nelle trincee. Soprattutto per coloro che dovettero prestare la propria opera nelle trincee, le conseguenze furono disastrose e spesso poco conosciute perché l’opera di propaganda si guardava bene dal farle conoscere: oltre a coloro che, infatti, tornarono a casa mutilati, vi furono anche coloro che manifestarono segni evidenti della cosiddetta patologia neurologica di guerra. Insonnia, movimenti incontrollati del corpo, ipersensibilità al rumore, vertigini, tremori, tic, mutismo, amnesia, incapacità di parlare o camminare, questi i sintomi più frequenti della malattia che tormentò tantissimi tra coloro che avevano combattuto la guerra di trincea, anche se in molti casi le persone che risultavano afflitte da questi disturbi spesso non venivano credute, in quanto si riteneva che fossero portate a fingere per essere mandate a casa. La prima guerra mondiale, però, vide in qualche modo impegnate anche le donne e i minorenni, che spesso venivano impiegati nelle fabbriche per la produzione di armi e di pezzi di ricambio per navi e aerei.
Dopo la disfatta di Caporetto, fu il momento del disonore per i tanti prigionieri italiani in mano agli austriaci, in molti casi rifiutati dalla famiglia. Pare esserci stata davvero una grande disparità di trattamento tra gli italiani caduti in mano straniera e gli austriaci fatti prigionieri dagli italiani: mentre infatti in Italia essi lavorarono in luoghi come le falegnamerie ed erano loro assicurati i pasti, gli italiani finiti in mano agli austriaci furono trattati in modo disumano. Dopo Caporetto, inoltre, cambia l’atteggiamento nei confronti dei soldati, per i quali si mettono da parte le azioni di repressione e punizione, nonostante l’apparato repressivo dell’esercito non venga meno, ma venne in essere una tendenza che portò piuttosto a motivarli e ad agire in modo propagandistico per allontanare ogni minimo segno di cedimento.
Nel secondo docu-film, intitolato 1914 – La quiete prima della tempesta, a cura di Rossana Lo Santo, viene presentata invece l’atmosfera che si respirava nel nostro paese nei dieci mesi che precedettero la nostra entrata in guerra. A quell’epoca, l’Italia, come gli altri paesi europei reduci dalla Belle Epoque, si presentava come un paese allegro e permeato da uno spirito ottimistico, fermamente convinto che la guerra non si sarebbe protratta per molto tempo. Una miopia, questa, che sembra deformare lo sguardo non solo dell’Italia ma di tutti i governi d’Europa. Nell’Europa di quel periodo, infatti, non ci sono soltanto le conseguenze positive della Belle epoque, ma anche i gruppi di pressione presenti in tutti i paesi e le aspirazioni di dominio del capitale, anche queste trasversali a diverse potenze. Quindi, una guerra per spartirsi il mondo che era nell’aria ancora prima dell’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando avvenuto a Sarajevo ad opera di Gavrilo Princip.
Eppure, tutte le avvisaglie della guerra sono coperte dalla voglia dell’Italia di far parte della storia, di partecipare al progresso, di essere al passo con gli ultimi ritrovati tecnologici, come dimostrato dall’audacia di alcuni uomini che si lanciarono in grandi imprese con l’uso dell’aereo. In quegli anni, Guglielmo Marconi vince anche il Nobel per la fisica grazie al contributo dato alla telegrafia senza fili ed Enrico Caruso incanta il mondo con la sua potente voce, ma fu anche il periodo delle sempre più frequenti sommosse dei lavoratori, che si schierano a favore dell’antimilitarismo e chiedono condizioni di vita più umane, consapevoli di essere i fautori del grande cambiamento cha ha portato l’Italia a trasformarsi da paese agricolo a paese industriale.
Anche grazie a questo cambiamento, le città cambiarono volto, con la costruzione di fabbriche, quartieri, strade, e migliorarono le condizioni di vita, anche grazie all’apertura di nuovi ospedali e scuole, responsabili della diminuzione dell’analfabetismo. L’avventura coloniale restituì agli italiani un motivo d’orgoglio, con la conquista della Libia e di alcune isole dell’Egeo, mentre il nazionalismo e la politica di grandezza si espressero anche grazie al cinema e opere come Cabiria, vero e proprio kolossal diretto da Giovanni Pastore e, non a caso, sceneggiato da Gabriele D’Annunzio.
In occasione del centenario dello scoppio della prima guerra mondiale “La grande storia. Anniversari” presenta due straordinari film-documentari: 15-18 la nostra guerra e 1914. La quiete prima della tempesta, introdotti e commentati da Paolo Mieli. L’appuntamento è per questa sera, venerdì 18 luglio, alle 21.05 su Rai Tre. 15-18 La nostra guerra è un documentario didi Paola Lasi, con la collaborazione del consulente storico Antonio Gibelli. Si tratta di un racconto cinematografico, che inizia e si conclude con le immagini della traslazione del Milite ignoto al Vittoriano di Roma, simbolo del sacrificio degli oltre 600 mila soldati morti. Il documentario non ha la pretesa di raccontare tutte le fasi della guerra, ma vuole raccontare limpatto che la guerra ha avuto sugli uomini. 1914. La quiete prima della tempesta è un film-documentario di Rosanna Lo Santo, realizzato con la consulenza di Antonio Gibelli. Nel 1914 l’Italia non è ancora entrare in guerra: questo speciale vuole raccontare lo stato danimo delluomo comune, latmosfera che aleggia nella società italiana nei mesi che precedono lo scoppio del primo conflitto mondiale. Dal sogno africano finalmente realizzato, alla fede nel progresso e la sete di modernità: il cinema, le industrie e la moda.