Andrea Agostinis è un ex professore di 57 anni, originario di Tolmezzo, in provincia di Udine: stravagante e provocatorio nelle sue affermazioni, sarà al centro della puntata di questa sera a Le Iene Show. Per quale motivo? Per la sua presunta vicinanza al Califfo dell’Isis, Al-Baghdadi. Ma proviamo a conoscerlo più da vicino. È ad Udine che Agostinis comincia a lavorare all’inizio degli anni ‘90 in un Istituto Tecnico Industriale e più precisamente come docente di disegno tecnico e assistente di laboratorio. L’uomo è stato al centro di un fatto di cronaca importante, legato ad Unabomber, l’attentatore che iniziò a colpire il Nord Est Italia nel 1994. A causa della sua ipotetica connessione con gli attentati che terrorizzarono il Paese in quegli anni, Agostinis fu al centro di alcune vicende giudiziarie anche non attinenti ad Unabomber. Attualmente l’uomo è ritornato sotto i riflettori della cronaca per via di alcune affermazioni importanti sull’Isis e sulla sua conoscenza con il Califfo dell’organizzazione Abu Bakr Al-Baghdadi. Il servizio del programma di Italia 1 in onda questa sera verterà proprio su queste ultime vicende legate al nome di Agostinis.
Analizziamo ora i fatti. Il 4 agosto del 1996 Unabomber colpisce ancora Lignano Sabbiadoro, una località turistica della provincia di Udine molto frequentata sia da connazionali che da diversi stranieri. Un turista di Domodossola arriva in spiaggia al mattino presto e decide di aprire da solo il suo ombrellone, da cui cade un giornale dentro cui si nota qualcosa di strano. Pochi attimi dopo l’ordigno esplode e l’uomo rimane gravemente ferito. Data la presenza di molti turisti stranieri, la notizia che fino ad allora era rimasta circoscritta all’Italia diventa di dominio pubblico e funge da cardine per altri attentati dei giorni e degli anni successivi. L’indomani, il 5 agosto, l’Ansa di Roma riceve una telefonata in cui il “Gruppo 17 Novembre” rivendica il gesto. Le Autorità dirigono immediatamente le indagini verso Andrea Agostinis per due dettagli considerati allora piuttosto significativi. Il professore aveva pubblicato proprio in quei giorni un articolo-inchiesta sul gruppo nel Quotidiano del Friuli ed era stato il primo a dare la notizia della rivendicazione alla radio. Questi due particolari portarono gli Inquirenti a considerare che Agostinis fosse l’autore della telefonata e il suo nome venne introdotto nell’inchiesta per gli attentati di Unabomber. Tuttavia, fin da subito il collegamento risultò lacunoso e circostanziale e il caso venne archiviato definitivamente nel 1999 (come viene riportato in “Unabomber: terrore a Nord Est” di Giacomo Brunoro e Jacopo Pezzan). Il fatto di essere stato completamente scagionato dalle accuse di essere Unabomber (come riportano i colleghi del Corriere della Sera), ha permesso ad Agostinis di cavalcare in un certo modo l’onda della sua notorietà e proprio in base alla vicenda vissuta, decide, alcuni anni dopo, di girare il film “Radice quadrata di 3”. Ma è solo l’inizio di una lenta discesa. Negli anni seguenti, infatti, Agostinis viene accusato dalla preside dell’Istituto Malignani di aver simulato un incidente con la macchina per giustificare un’assenza. Il fatto venne chiuso nel giro di poco tempo e le accuse caddero ma solo 2 anni dopo, nel 2013, Agostinis ritorna a far parlare di sé nella cronaca italiana. L’uomo viene accusato di falsità ideologica, truffa, sostituzione di persona e abuso d’ufficio. Agostinis aveva infatti stipulato dei contratti di lavoro a nome della moglie mentre quest’ultima si trovava ricoverata ad Udine in stato vegetativo. Come ricordano di tutta questa vicenda gli articoli del Messaggero Veneto di quel periodo, nel mirino finirono anche diversi medici che avrebbero stilato un certificato di idoneità al lavoro per la donna e i presidi di alcuni Istituti per aver sottoscritto i contratti di lavoro al di fuori dell’edificio scolastico.
Veniamo quindi ai giorni nostri. Agostinis ha fatto di recente delle dichiarazioni a diverse testate, come su Il Tempo (articolo del 3 marzo 2015) e ai microfoni della Zanzara su Radio 24 pronunciandosi sulla possibilità che l’Isis prenda di mira anche l’Italia. Il professore, ora impiegato all’Istituto Aeronautico di Udine, si dichiara sicuro che il Paese non sia un bersaglio ed a supporto delle sue parole parla della personale conoscenza del Califfo Abu Bakr Al-Baghdadi. Alla fine degli anni ’80, Agostinis incontra l’allora diciassettenne Al-Baghdadi all’ambasciata irachena di Roma. I due strinsero fin da subito un forte legame, tanto da arrivare a scrivere un libro a quattro mani intitolato “Imposed war”, uno scritto sulla guerra fra Iran e Iraq. Agostinis ricorda che in quegli anni il giovane Califfo era turbato da alcune vicende legate alla pedofilia e allo Ior. Il ragazzo, molto religioso e rigoroso nel seguire la sua fede, era stupito anche di come le Autorità italiane non fossero repressive come quelle del suo Paese. L’amicizia fra i due uomini continua fino ad oggi, anche se Agostinis afferma di non poter parlare dei contatti recenti con Al-Baghdadi. Il professore sembra comunque molto informato sulle condizioni di salute del Califfo e anche sul fatto che non fosse d’accordo con il rapimento di ventuno cristiani copti avvenuto qualche mese fa. In quei mesi il Mossad diede anche la notizia che il Califfo fosse morto ma già allora Agostinis la ritenne falsa e sottolineò di averlo incontrato a metà febbraio. I due si sarebbero inoltre visti nell’agosto di quest’anno a Raqqa, la capitale della Siria, anche se Agostinis precisa di non poterlo confermare. Il professore smentisce l’ipotesi che l’Italia verrà colpita dall’Isis, anche se conferma l’esistenza di oltre duecento cellule dormienti sul nostro territorio. Agostinis crede tuttavia che il Califfo non abbia alcun interesse a colpire l’Italia perché ha avuto sempre solo una funzione di supporto per gli altri Paesi. Diversa invece la posizione della Francia, con cui si è innescata una sorta di reazione a catena di reciproci bombardamenti, in cui la vendetta sembra essere al primo posto, come raccontato da un’analisi fatta dai colleghi de Il Giornale in un articolo del 18 novembre scorso.