Su Rete 4 un grande classico della commedia va in onda dalle 21:30: “Don Camillo”. Nel film del 1952, ambientato in un piccolo borgo emiliano, a fronteggiarsi sono Don Camillo, parroco della comunità e Peppone, sindaco comunista. Tra divergenze e bisticci i due daranno vita ad una rivalità comica. Ecco il trailer del film.
Nel film “Don Camillo” del 1952, vediamo Don Capillo ricevere una bella ramanzina dal vescovo per aver mandato al tappeto 15 uomini lanciando loro addosso una tavola. Nonostante lo rimproveri, il vescovo sembra incredulo sul fatto che Don Camillo possa davvero aver fatto una cosa del genere da solo e chiede al sacerdote di scagliare la tavola presente nella sua stanza per provare di star dicendo il vero: Don Camillo obbedisce e la tavola si schianta dall’altra parte della stanza rompendosi e facendo precipitare un quadro. Gli aiutanti del vescovo accorrono e il prelato li rassicura dicendo di essere stato lui: “Don Camillo mi ha fatto andare in collera e ho perso la pazienza”. Clicca qui per vedere la scena.
Liberamente tratto dai racconti di Guareschi dedicati al Mondo piccolo scritti tra il 1946 e il 1947, i personaggi di Peppone e di Don Camillo daranno il via ad una serie di cinque pellicole di cui, la prima del 1952 con la regia del francese Julien Duvivier e dal titolo Don Camillo, proposta questa sera su Rete 4. Il successo che riscosse, motivò lanno successivo Il ritorno di Don Camillo sempre per la regia di Duvivier al quale seguì tre anni più tardi Don Camillo e lonorevole Peppone con la direzione di Gallone che fu anche il regista sei anni dopo di Don Camillo monsignorema non troppo. Lultima storia Il compagno don Camillo del 1965, fu diretta da Comencini e che doveva essere il penultimo capitolo che si sarebbe dovuto concludere con Don Camillo e i giovani doggi del quale fu incominciata la lavorazione ma che durante, vide la scomparsa di Fernandel. Il film, ricevette nel 1953 dal National Board of Review Award, il premio come miglior film straniero dellanno.
La storia è ambientata nellestate del 1946 a Brescello, un minuscolo paese della provincia emiliana ubicato nella cosiddetta Bassa vicino alle rive del Po. Parroco della chiesa che si trova nella piazza principale, è Don Camillo (Fernandel): un prelato piuttosto burbero che non ha timore di usare le mani se deve difendere posizioni che ritiene giuste anche se queste, interessano la vita politica. Di lato alla chiesa cè la sede del Comune che nelle ultime elezioni amministrative hanno visto la nomina di Peppone Bottazzi (Gino Cervi) capo della sezione comunista a ruolo di sindaco. Un conflitto sociale inquina il clima del paesino: la perenne lotta tra i ricchi latifondisti (appoggiati da Don Camillo convinto delle loro buone intenzioni) e i loro contadini (ovviamente difesi da Peppone) ed è durante un comizio che il sindaco sta tenendo in piazza per ringraziare il popolo della sua recente elezione, che il dispettoso parroco, si mette a suonare le campane per impedire la manifestazione.
La gente presente incomincia a rumoreggiare e si fomenta come per dare lassalto alla chiesa che rappresenta il volto reazionario del paese e mentre Don Camillo, si arma del suo vecchio e fidato fucile pensando ad un assalto allultimo sangue, la gente in corteo si reca festosa sotto le finestre della casa di Peppone per salutare il suo nuovo nato che, con orgoglio mostra dal balcone. Le ripicche tra prelato e sindaco continuano in ogni modo possibile e anche il battesimo dellultimo nato di casa Bottazzi da spunto ad una ennesima discussione. Infatti Don Camillo non accetta che il neonato possa chiamarsi Libero Antonio Lenin come vorrebbe Peppone e alla fine, i due trovano un compromesso aggiungendo Camillo al lungo nome scelto dal papà comunista. Peppone, in una dei suoi comizi, annuncia la costruzione di una Casa del Popolo e a Don Camillo nasce la domanda di come il sindaco potesse trovare i soldi necessari risvegliando il ricordo di quando Peppone (allora solo capo della resistenza locale) si appropriò di dieci milioni dichiarando poi, di esserseli visti sequestrare dai fascisti durante la guerra.
Nonostante il sindaco gli presenta una dichiarazione con la quale afferma di voler usare quei soldi per dedicarli al popolo, Don Camillo anche grazie ad un mitra imbracciato- lo convince di dividere quei milioni tra la Casa del Popolo e una Città Giardino per i bambini. La disoccupazione che impera nel piccolo paese crea forti disagi e il Comune, che ricco non è, per aiutare le persone in difficoltà decide di tassare i latifondisti applicando ai proprietari, 1000 lire alla biolca ma a partire dal più ricco possidente, Filotti (Luciano Manara) tutti si rifiutano di sottostare a questo balzello, ricevendo come risposta lo sciopero ad oltranza di tutti gli operai, che oltre che a mettere a rischio le coltivazioni, mettono in pericolo le mucche da latte che non vengono munte e che, attraverso picchetti armati, non possono essere governate da nessuno. Ma lo strazio dei muggiti verrà azzittito da unazione clandestina voluta dal buon Peppone e da Don Camillo che, entrano nelle stalle per mungere le mucche e dar loro da mangiare. Ma lo sciopero mette i bastoni tra le ruote anche a due giovani innamorati. Lei, Gina (Vera Talqui) è la figlia del Filotti mentre lui, Mariolino Della Bruciata (Franco Interlenghi) è un comunista figlio di Ciro Della Bruciata acerrimo nemico proprio dei Filotti per motivi politici. Come si capisce bene, i due giovani non riescono ad ottenere il consenso delle famiglie per sposarsi e lo sciopero incattivisce ancor di più la situazione.
Lo sciopero finisce ma dalla città arrivano dei comunisti venuti a dar man forte agli scioperanti e, rendendosi conto che tutto era finito non trovano nulla di meglio da fare che prendere in giro il primo prete che incontrano. Ma Don Camillo non accetta lo scherzo e, sceso dalla bicicletta, incomincia a litigare scaraventando un pesante tavolo addosso ai malcapitati compagni con i quali si scazzotta. Peppone, non può far altro che recarsi dal Vescovo (Charles Vissiere) per lamentarsi sperando di ottenere un richiamo ufficiale per il parroco e l’ammonimento che Don Camillo dovrebbe limitarsi a fare il suo lavoro e a non occuparsi di politica. A Brescello la signora Cristina –l ’anziana maestra che ha istruito tutti gli abitanti della paesello – viene contattata da Gina e Mariolino nella speranza che possa intercedere per loro ma la salute della maestrina versa in gravi condizioni, tanto da chiamare al suo capezzale sia il parroco che il sindaco per dare le sue ultime volontà tra le quali, avere sulla sua bara la bandiera reale, promessa che Peppone rispetterà fregandosene delle disposizioni di legge. La storia d’amore tra Mariolino e Gina viene definitivamente bloccata dai genitori che, nonostante il tentativo fatto da Don Camillo, vietano i due ragazzi di vedersi.
Questo fa maturar loro la voglia di scappare, sposandosi prima sia Peppone –come sindaco- che Don Camillo –come parroco- non possono procedere al matrimonio essendo la ragazza minorenne e non avendo il consenso del genitore. Dopo il diniego i due minacciano di suicidarsi buttandosi nel Po ma vengono salvati dall’intero paese che corre in loro aiuto e dalle loro famiglie che, alla fine accordano il loro benestare per le nozze. Nozze che dovranno essere celebrate dal Vescovo, in visita a Brescello per inaugurare la Città Giardino voluta da Don Camillo. Peppone – che nello stesso giorno deve inaugurare la Casa del Popolo – non vuole essere da meno e con uno stratagemma, incontra il Vescovo e lo conduce verso la Casa del Popolo prima che lo stesso benedica la Città Giardino e celebri le nozze.
Tutto è bene quel che finisce bene? Con Don Camillo non lo si può mai sapere dal momento che si trova invischiato in una rissa tra i latifondisti e gli uomini del sindaco. Per il Vescovo, che lo aveva già ammonito, non rimane altro che trasferire l’esuberante parroco in un dimenticato paesino di montagna: Montenara.