Liliana Cavani intervistata per il Corriere della Sera, si svela a 360° e racconta dei particolari inediti della sua vita. La regista e sceneggiatrice 85enne, esordisce svelando che il cinema le ha assolutamente fatto da babysitter: “Mia madre era un’accanita appassionata del grande schermo — racconta — non c’era film appena uscito che non volesse correre a vedere”. Fin da quando lei era piccolissima, la portava con lei nelle sale: “ma mi suggeriva di dire che andavamo ai giardinetti: a casa non dovevo rivelare il nostro segreto, e io lo mantenevo gelosamente”. Ma non finiva qui: “molto spesso venivo depositata al cinema, la sala Lux di Carpi, il mio paese, all’orario dell’apertura, alle 2 del pomeriggio, e lasciata lì dentro fino alle sette di sera. I miei ricordi risalgono grosso modo all’età di 4 o 5 anni: un film che mi aveva colpito era La corona di ferro, non so quante volte l’ho visto”. Il padre architetto e la madre si occupava di una sartoria. Figlia unica di genitori separati, oltre che con il cinema, anche i nonni hanno fatto in modo di crescerla con amore: “Sono cresciuta con i miei adorabili nonni e gli zii. Mio nonno era un uomo straordinario, di grande carisma: un anarchico, sindacalista, ovviamente profondamente antifascista”.
Liliana Cavani: “Mai sentito il desiderio di diventare madre”
Liliana Cavani è cresciuta in una famiglia laica con un’educazione libera. “Forse per questo non ho mai sentito il bisogno di crearmi una mia famiglia, marito, figli… Non ho mai avvertito il desiderio di diventare madre, perché ho vissuto sempre da figlia, o da nipote”, svela. Il suo ambiente familiare non le suggeriva questo genere di modelli perché è cresciuta in un contesto di affetti molto distante dai prototipi tradizionali. Da giovanissima, oltre alla passione per il cinema anche quella per l’archeologia: “Ma la maggior parte dei grandi archeologi erano tedeschi, io non conoscevo la lingua e in generale i tedeschi non mi erano molto simpatici, perché li collegavo al nazismo… Rinunciai all’archeologia e virai decisamente sulla filologia”. La regista ha quindi studiato al Centro Sperimentale di Cinema e vince il Ciak d’oro molto giovane con un cortometraggio dal titolo “La battaglia”. La povertà per Liliana è un tema molto caro, ecco perchè ha deciso di rappresentarlo al cinema con San Francesco con attori differenti. Il primo con Lou Castel nel 1966, il secondo con Mickey Rourke nel 1989, il terzo con Mateusz Kosciukiewicz nel 2014. Per lei San Francesco d’Assisi era un poeta libero: “un illuminatore di percorsi nuovi, ispiratore di emancipazione, iniziatore di una diversa visione della Chiesa, contro cui non si è mai messo in tempi di eretici. Lui non lo era”.
Al teatro con Filumena Marturano
Il film che ha in assoluto ha segnato la carriera cinematografica di Liliana Cavani è “Il portiere di notte” interpretato da Charlotte Rampling. Sul set venne anche a trovarla Eduardo De Filippo: “era interessato al contenuto di quella storia e diventammo amici. Poi continuammo a frequentarci, mi invitò anche nella sua isola, Isca, un incanto fiabesco: ricordo le belle cene che il grande Eduardo preparava con le sue mani, bravissimo a cucinare”. E proprio come registra teatrale, non a caso ha debuttato con Filumena Marturano. Lo spettacolo sta avendo notevole successo e presto sbarcherà perfino in Sud America, poi a Parigi e Londra. Lei confida di dovere molto ai due protagonisti (Mariangela D’Abbraccio e Geppy Gleijeses, ndr): “Poi l’impareggiabile forza del testo, un manifesto sull’emancipazione femminile in cui mi riconosco: Filumena è una donna libera che compie le sue difficili scelte contro tutto e contro tutti. Se poi si pensa all’epoca in cui l’opera è stata scritta, vengono i brividi: Eduardo fu un precursore”.