Yannik Nézet-Séguin, 43 anni, canadese, nuovo direttore musicale del Metropolitan di New York, ha rilasciato una lunga intervista al portale corriere.it. Yannik parla subito di un desiderio davvero particolare che aveva prima di di cimentarsi nella musica: “Sono molto cattolico, da bambino ogni mattina celebravo una mia messa in casa. Mi piaceva il cerimoniale, mi vedevo bene come pontefice”. Yannick è sicuramente uno dei direttori più apprezzati dal pubblico, anche grazie al suo maestro, Carlo Maria Giulini, a cui deve molto: “Lui era il mio mito. Avevo appena iniziato a dirigere, gli scrissi una lettera. Mi rispose dandomi appuntamento a Milano. Avevo 22 anni, lui 80. Mi trattò subito con grande gentilezza, come si fa con un amico. Abbiamo parlato molto di musica, ma la sua vera lezione per me resta il suo atteggiamento, quel tratto di semplicità, rispetto e onestà. Merce rara, indispensabile per un mestiere come il nostro. Dove stabilire un rapporto di empatia immediata con gli strumentisti è essenziale. La musica è emozione, e l’emozione non passa se non c’è confidenza reciproca. Se non c’è amore non c’è musica”.
Yannik Nézet-Séguin e la relazione con Pierre Tourville
Yannik parla anche del rapporto, ormai ventennale, con il violinista Pierre Tourville: “Non ho mai fatto mistero del mio orientamento sessuale. Se ci fossero stati dei problemi non avrei esitato a rinunciare alla carriera. Ho sempre lavorato in ambienti aperti come il Canada e i Paesi Bassi, ma il mondo della resta ancora molto conservatore. Ho visto troppi giovani soffrire, dover nascondere di essere gay, venir discriminati. Qualcuno addirittura si è suicidato. E nella America di Trump riaffiorano troppi pregiudizi. Per questo penso che sia giusto sventolare la bandiera della militanza. Chi può permetterselo deve uscire allo scoperto. Io voglio fare la mia parte”. Ora lo attende una nuova sfida, quella del Metropolitan di New York: “Il Met è un teatro di livello molto alto. Per mantenerlo bisogna rinnovarlo. Voglio allargare il repertorio, più opera barocca, più nuove creazioni contemporanee. E il verismo italiano merita di essere approfondito. Oggi il Met è troppo “ufficiale”, vorrei aprirlo ai newyorkesi, farlo uscire dalla sua sede e portarlo in altri spazi. Oltre che in tournée per il mondo”.