Per Claudio Baglioni probabilmente la seconda serata è il vero debutto del Festival di Sanremo 2019. Perché la prima è stata una corsa per poter presentare tutte le 24 canzoni e infiocchettarle con qualche ospite: è dalla seconda che Baglioni deve dimostrare il valore della sua idea di festival e di spettacolo televisivo, l’armonia che sarebbe il filo conduttore della 69^ edizione, lo yin e lo yang.
Forse ancora non l’ha trovata: se alle 23:45 – dopo tre ore di spettacolo – hai finito le canzoni in gara, ma devi sprecare un’altra ora tra infiniti numeri comici (mezz’ora di Pio e Amedeo non è sostenibile), ospiti e marchettine varie, forse l’armonia è ancora lontana, probabilmente divorata dalle esigenze della raccolta pubblicitaria, che quest’anno è stata record e quindi impone durate record per metter gli spot, a discapito del ritmo della trasmissione.
L’idea di festival di Baglioni, quindi, non si è discostata da quella dello scorso anno, ovvero dare spazio alla musica ma non necessariamente a quella degli artisti che partecipano al concorso, soprattutto non riuscendo a dare una riuscita veste televisiva e spettacolare alle canzoni, rendendo così il festival alieno rispetto a una tv in cui la musica in tv è soprattutto uno show di colori, coreografie, scenografie, trovate illuministiche. E questo è accaduto solo durante l’apertura, come nella prima serata: Baglioni e un gruppo di ragazzi con felpa cappuccio cantano Noi no, un numero ripreso dai suoi concerti.
Allo spettacolo in senso moderno, come lo veicolano programmi tipo X-Factor, ma anche di profilo meno ambizioso come Tale e quale show per restare in casa Rai, la seconda serata del festival sostituisce un contenitore piano che rilegge la tv di Baudo (che non a caso è ospite, ma pare più un doveroso tributo che una reale necessità televisiva), che però non ha lo spirito dell’originale, né la capacità di parlare al pubblico attuale come quello di Carlo Conti.
Oltre allo spettacolo, mancano proprio degli autori: lo si vede ogni volta che Claudio Baglioni, Virginia Raffaele e Claudio Bisio devono interagire tra loro o con gli ospiti, interpretare dei siparietti, mostrare al pubblico la linea comica. Funzionano solo quando vanno di repertorio: Bisio e Hunziker che sfruttano La lega dell’amore di Elio e le storie tese per rinverdire i fasti di Zelig, o Raffaele che vuole cantare la Carmen di Bizet ma non ha il libretto e deve improvvisare. Quando c’è una gag creata appositamente che li coinvolge, l’atmosfera si più fredda, e Baglioni è simpatico ma non è adatto alla comicità.
Gli ospiti in chiave sovranista – ovvero solo italiani, come sfottono anche Pio e Amedeo – forse migliorano un po’ la situazione, pur restando in zona vecchio varietà, e in ogni caso anche qui i duetti non funzionano granché, basterebbe ascoltare Baglioni alle prese con Quello che le donne non dicono di Fiorella Mannoia o peggio, con Emozioni di Battisti assieme a Marco Mengoni. Solo Riccardo Cocciante, altro ego non da poco, è riuscito a limitare il presentatore cantando Bella con Giò Di Tonno, Graziano Galatone e Vittorio Matteu (suoi compagni di avventure nel musical Il gobbo di Notre Dame) e Margherita escludendo quasi Baglioni dalle riprese e dalla furia d’interpretazione.
I 12 cantanti in gara (la seconda metà si esibirà stasera) sono stati giudicati dal televoto e dalla sala stampa e il secondo ascolto – ma i pezzi già da ieri mattina sono in radio e sulle piattaforme on line – ha permesso di capire meglio pregi e difetti: Loredana Berté, che sfodera un’interpretazione di grinta e veracità pazzesche, Achille Lauro, col suo mix sfacciato tra Vita spericolata, indolenza trap ed echi di elettro-rock, e la canzone folle di Arisa, trascinante, che cambia toni e pelle più volte raccontando in sottofondo il disagio psicologico sembrano i pezzi migliori. La classifica provvisoria, premia – oltre a questi tre – anche Daniele Silvestri, il quale sfrutta al meglio i suoi collaboratori, come Enrico Gabrielli dei Calibro 35 agli arrangiamenti e Rancore per la parte rap (peccato che non sia in gara con un pezzo suo), per valorizzare un pezzo piatto e moscio, tanto “urgente” nei testi quanto manierato nell’andamento musicale, didascalico e poco vitale.
Baglioni quindi conferma ciò che già pensavamo della sua prima direzione artistica lo scorso anno: con lui, la musica è sicuramente protagonista, ma la tv invece come forma di arte, spettacolo o intrattenimento resta una faccenda secondaria.