CLEMENTINA FORLEO VINCE IN CASSAZIONE: “ORA RIAPRIRE IL CASO DELLA BANCA DEI DS”
La giudice Clementina Forleo vince in Cassazione e chiede al Csm e al Ministero della Giustizia di riaprire subito il “caso” della “banca dei Ds”: nel vasto mondo della magistratura, negli anni dello “scandalo Palamara”, del caos Csm e della sfida a distanza tra Anm e Governo Meloni, si riaccende un fronte tutt’altro che minimo visto il clamore avuto in passato. Forleo, ex gip al Tribunale di Milano (ora in servizio in quello di Roma) anni fa venne “cacciata” dalle indagini sulle banche Bnl e Unipol perché osò “sfidare” la Procura di Milano.
A raccontarlo è stato lo stesso Luca Palamara nel libro “Il Systema” ma quel caso oggi torna di stretta attualità: il 18 luglio scorso a Clementina Forleo è stata data piena ragione dalla sentenza della Corte d’Appello di Roma in merito al fascicolo a lei tolto nel 2008 sull’inchiesta della scalata alla Banca Nazionale del Lavoro tentata dal finanziare Giovanni Consorte e all’Unipol, con la “benedizione” degli allora vertici del Centrosinistra (famosa la frase intercettata di Piero Fassino, «ma abbiamo una banca?»). Ne parla oggi Giacomo Amadori in un lungo reportage su “La Verità”, sottolineando come il magistrato Forleo dopo molti anni è riuscita a vedersi riconoscere la ragione nello strano caso di “allontanamento” dalla Procura di Milano.
BNL, UNIPOL E SINISTRA: FORLEO VENNE CACCIATA, ORA CHIEDE NUOVE INDAGINI
Dopo la sentenza che di fatto punta a rifare il processo per diffamazione contro Forleo (presentata dall’allora senatore dei Democratici di Sinistra (antesignani del Partito Democratico) Nicola Latorre, si cerca di riaprire la vicenda spinosa tutta mista fra politica, giustizia e banche. È ancora Palamara nel suo libro (come riporta “La Verità”) a provare a ricostruire cosa sia successo a danno di Clementina Forleo: «Nei documenti depositati dai pm che avevano istruito l’indagine si fa cenno, ma solo cenno, a telefonate intercettate tra quei signori (gli scalatori, ndr) e D’Alema, Fassino e Latorre. In pratica i vertici dei Ds. Forleo, contraddicendo i suoi colleghi pm non solo chiede che quelle telefonate vengano messe agli atti, ma si spinge a dire e a chiedere che D’Alema, Fassino e Latorre siano indagati, perché le loro parole dimostrano che sono “complici consapevoli di un disegno criminoso».
D’Alema venne protetto dal Parlamento Europeo che all’epoca non autorizzò l’uso delle intercettazioni e non revocò l’immunità da parlamentare Ue per l’ex Premier: Forleo invece venne trasferita dal Csm per «incompatibilità ambientale» per alcune interviste dove provava a rivendicare l’intera trafila dei fatti. Nell’ottobre 2010 è ancora Forleo a “Panorama” a puntare il dito contro la sinistra sostenendo che la legge “non è uguale per tutti“: parlando di Latorre disse, «le carte sul senatore che in seguito alla mia richiesta tornavano dal Senato, stranamente non arrivarono mai sulla mia scrivania, finché approfittando di una mia assenza di sette giorni, dopo oltre due mesi il pm le “dissotterrò” per inoltrarle “con urgenza” al gip di turno. Questi le rispedì al Senato senza informarmi. Questo salvò Latorre. Se invece le carte fossero arrivate a me, che ero il giudice naturale. Le avrei inoltrate al pm affinché decidesse se avviare o meno un procedimento come avevo fatto per D’Alema. Ritengo che questa sia una delle pagine più nere della giustizia e della storia del nostro Paese».
È dopo questa intervista che Latorre denunciò la giudice ed è anni dopo, con l’esplosione del “caso Palamara” che la stessa Forleo presenta tra i documenti anche le pagine dell’ex Csm in merito alla vicenda “banche-Ds”, dove la magistrato viene definita una “eretica” nella Procura di Milano e in quanto tale andava «rimossa». Palamara ha poi anche affermato che «la linea politica decisa nella giunta dell’Anm ovviamente teneva conto degli input milanesi delle correnti di sinistra» e che alla fine «si decise di supportare politicamente il trasferimento della dottoressa Forleo perché la stessa aveva messo in discussione l’operato della Procura di Milano». Queste e le tante altre dichiarazioni di Palamara sul conto di Forleo hanno portato alla vittoria della giudice che ottiene così la possibilità di chiedere nuove indagini (tocca a Csm a Nordio dare risposta in merito, ndr) sul perché venne rimossa dal fascicolo Bnl-Unipol. Nell‘intervista a “Quarta Repubblica” di Nicola Porro nel 2021, la gip di Roma commentava così i nuovi documenti presentati: «Ho sempre sospettato che la mia cacciata da Milano fosse stata dovuta a una sorta di compromesso tra un certo potere politico toccato da delicate indagini e certi vertici del potere giudiziario. Le dichiarazioni di Palamara costituiscono prova di un’operazione che, qualora dovesse essere corroborata da altre prove, non esiterei a definire criminale».